intervento di prelievo del liquido amniotico che permette di valutare le caratteristiche del corredo cromosomico del feto. L’amniocèntesi precoce, eseguita entro le prime venti settimane di gravidanza, permette la diagnosi di alcune malattie del feto su base ereditaria, come la sindrome di Down (mongolismo), le emoglobinopatie (per esempio, la talassemia), le malformazioni del sistema nervoso (l’anencefalia, la spina bifida). In questo modo è possibile decidere in tempo utile se proseguire o no la gravidanza. Poiché l’amniocèntesi, sia pure raramente (nello 0,5% dei casi), può provocare l’aborto, è indicata solo nei casi in cui ci sia l’effettiva possibilità che il feto sia colpito da una di queste malattie, perché ci sono casi precedenti in famiglia o perché la madre ha un’età superiore ai 35 anni: in questo caso, infatti, risulta particolarmente elevato il rischio di dare alla luce un bambino affetto da sindrome di Down. L’esame del liquido amniotico prelevato dopo la ventesima settimana serve essenzialmente per la diagnosi di maturità fetale e per la valutazione delle condizioni fetali in caso in isoimmunizzazione Rh. Si pratica in anestesia locale, introducendo un ago attraverso la parete addominale fino a raggiungere l’utero. I componenti del liquido prelevato vengono quindi esaminati dal punto di vista fisico-chimico e citologico.