DOMANDA
Salve. Mi chiamo Antonio, ho 21 anni e frequento l’università. Trascorro tutti i giorni a studiare eccetto il fine settimana (sab-dom) per lavoro. Da circa un mese ho avuto la fortuna di firmare un contratto lavorativo part-time per la gestione delle pulizie all’interno di un presidio ospedaliero. Ciò che mi abbatte tanto, talvolta con un senso di svenimento, sono gli ambienti della stessa struttura ospedaliera, all’interno della quale purtroppo assisto a scene di pronto soccorso su soggetti sofferenti, stati di sconforto e di dolore di tanti ricoverati e, non raramente, allo stazionamento di persone decesse all’interno della sala mortuaria. Tutto ciò mi crea uno stato di ansia, disagio e malinconia, forse eccessiva. Dopo giorni più “difficili” trascorsi in ospedale mi ritrovo fino a due-tre giorni ancora dall’acquisizione di immagini tristissime a smaltire quelli che sono ricordi troppo spiacevoli. Così, di sera ho incominciato ad essere affetto da ansia per la morte, dalla paura di morire e di ritrovarmi nei panni degli ammalati, di cui seguo spesso le loro sorti. Mentre presto servizio al pronto soccorso, di fronte agli immediati interventi che vengono eseguiti sulle persone da soccorrere, ho notato che scaturisce in me una notevole curiosità di assistere all’epilogo di ogni triste evento, cercando di capire il motivo degli interventi effettuati e i loro effetti. Ciò mi “incanta” seppur provocandomi ansia e senso di svenimento. Vorrei poter essere meno sensibile e forte.
RISPOSTA
Quello che le succede non è una patologia, è una reazione alla sofferenza altrui a cui non è abituato; ma essere sensibili non vuol dire essere deboli; la capacità di sopportare la sofferenza altrui non dipende solo dall’abitudine (da sola porta all’indifferenza e al cinismo) ma dal lavoro di ridimensionamento del nostro senso di onnnipotenza di fronte alla realtà che non possiamo controllare completamente; e la realtà di cui prendere coscienza è soprattutto la constatazione dell’ineluttabilità del nostro destino comune che è la morte, quella degli altri e soprattutto la nostra. Non è facile accettarlo ma è necessario per vivere meglio.