DOMANDA
Salve dottore,ho 23 anni e ho perso mio padre a 12 anni in un incendio,da quel giorno ho represso tutto il mio dolore pensando di averlo superato e che fossi forte ma il vero problema è che con le figure familiari che mi circondano non vado per niente d accordo perché non mi hanno rispettata nel mio dolore,inoltre sono trattata davvero male,offesa,e continuamente denigrata nella mia dignità da mia madre la quale non ha mai mostrato nessun istinto materno(fin da quando sono nata). Adesso dopo aver superato la depressione nella quale vivevo un senso di vuoto e di irrealtà ho bisogno di un consiglio : come superare quel senso di vuoto e irrealtà che compare ogni volta che vengo trattata male.Inoltre vorrei andarmene da casa ma porto dentro la rabbia di essere totalmente ignorata su ogni mio bisogno tranne su questo, poiché a suo parere dovrei vivere chiusa in casa aspettando il matrimonio e facendo ogni cosa al posto suo.
RISPOSTA
Innanzitutto c’è da riconoscere che il proprio dolore non può essere capito pienamente da altri, anche se hanno avuto esperienze analoghe, perché la risonanza che un fatto ha nella propria esperienza dipende, oltre che dal fatto stesso, anche da come siamo fatti e da come ci siamo evoluti. Questo riconoscimento sta alla base del rispetto reciproco: è una forma di arroganza pretendere di capire pienamente un’altra persona, anche se il tipo di rapporti interpersonali esistente tra due persone può avvicinarle e aumentarne la reciproca comprensione. Spesso succede che l’incapacità, o la difficoltà, di gestire la sofferenza impedisca di vedere quanto un’altra persona soffra, e quindi di farle sentire la propria vicinanza. Sono forme di difesa per non soccombere di fronte a difficoltà che sentiamo come insuperabili. Sono limiti di una persona che dovrebbero essere visti come tali: il trattar male l’altro rivela il proprio problema, di cui purtroppo si è raramente consapevoli.
Prenda coscienza che i problemi degli altri non sono suoi. Anche in questo caso è una forma di sopravvalutazione il credere che il proprio comportamento, la propria sottomissione, serva a risolvere i problemi degli altri che ci stanno vicino, serva cioè a cambiare la situazione. Prendere coscienza che abbiamo le risorse per costruirci la nostra vita, per realizzare quello che vogliamo e che ci fa sentire liberi è un momento fondamentale per fare un salto di qualità nella propria vita. Bisogna comunque esaminare bene la situazione in cui ci si trova: ci sono problemi concreti, talvolta tutt’altro che facili, da risolvere. Ma la convinzione di essere capaci di esistere con le nostre caratteristiche, di resistere al condizionamento derivante dalla incomprensione degli altri e dalle loro reazioni, ci permette innanzitutto di raggiungere una serenità interiore, e quindi di avere la forza e il coraggio per andare avanti, per fare scelte di fondo. L’autonomia può essere raggiunta più facilmente se ci si mette nelle condizioni che la favoriscono, e una situazione che certamente la favorisce è l’allontanamento dalla famiglia di origine, soprattutto alla sua età. Non basta volere una cosa giusta, bisogna mettersi nelle condizioni di farlo, affrontando i problemi per quello che sono, senza ingigantirli. Infine chi come lei ha grandemente sofferto è particolarmente capace di stare vicino agli altri, di far sentire la propria amicizia, ed è in questa direzione che ci si avvicina alla pace interiore.