Disturbo bipolare, le cause e le cure più appropriate

    DOMANDA

    Salve dottore,Ho una sorella che all’età di 17 anni fu ricoverata in s.p.d.c. con un T.S.O. mentre era a scuola e non sappiamo ancora cosa accadde realmente quel giorno.Ora ha 25 anni.in questo lasso di tempo le diagnosi di circa 20 ricoveri volontari erano di:disturbo bipolare,disturbo schizo-affettivo o disturbo di personalità mista o N.A.S.Lei pensa sia dovuto a traumi infantili o altro?l’ipnosi regressiva ,la psicanalisi o altre tecniche sono utili?Assume depakin e seroquel.Le descrivo il suo comportamento:diventa violenta verbalmente, è viziata non lavora e a casa non fa nulla,è disordinata,per futili motivi minaccia di denunciarci tutti alle forze dell’ordine e lo fa!.E’ egoista pensa solo ai suoi interessi,gli stessi e poco importanti, solo cose futili, come una bambina capricciosa.non ha impegno,responsabilità,rispetto per se stessa e per gli altri.agli inizi tentò il suicidio coi farmaci e gli autolesionismi, le grida in mezzo alla gente quando si innervosisce.Passa le giornate dormendo a letto e a specchiarsi e ascoltare la radio, si mette a ridere senza motivo e pretende di essere servita,mangia male,è obesa.vorrei porLe alcune domande:cesserà o si attenuerà il comportamento,potrà vivere da sola,trovare un lavoro.le comunità potrebbero aiutarla?dovremmo spronarla infischiandocene delle sue minacce o ignorarla?il medico attuale le ha diagnosticato una dissociazione psichica con turbe disforiche.la terapia è depakin,impromen gtt,akineton,fiala di neurol.La ringrazio.

    RISPOSTA

    Per rispondere a tutte le sue domande dovrei scrivere un trattato di psichiatria…l’unica cosa che mi sento di dirle riguarda un problema che spesso non viene affrontato adeguatamente in casi difficili come questo: la famiglia. Oggi si sa che non basta curare il paziente affetto da disturbi psicotici per ottenere un miglioramento stabile e per evitare le ricadute: bisogna sostenere la famiglia, che deve affrontare difficoltà specifiche nella gestione del familiare. In alcuni servizi psichiatrici si utilizzano, per esempio, interventi strutturati di tipo psicoeducativo in gruppo, con lo scopo di informare adeguatamente i familiari sul disturbo del loro caro, aiutandoli ad accettare il disturbo per quello che è, addestrandoli ad affrontare adeguatamente le titpiche difficoltà del paziente: l’aggressività, l’apatia, la difficoltà di seguire le cure, i sintomi più disturbanti ecc. consentendo nello stesso tempo di condividere con altri familiari le proprie esperienze, avendone un sostegno, evitando l’isolamento che spesso si subisce in questi casi. Un obiettivo fondamentale è di ridurre i sensi di colpa reciproci, che spesso generano aggressività e intolleranza. Non so se questa strada sia stata percorsa da voi. Varrebbe la pena di informarsi con i curanti.

    Renzo Rizzardo

    Renzo Rizzardo

    ESPERTO IN DISTURBI DELL’UMORE E D’ANSIA. Già professore a contratto di psichiatria all’Università di Padova. Nato a Basiliano (Udine) nel 1946, si è laureato e specializzato in psichiatria a Padova. È stato responsabile del centro di salute mentale dell’Università di Padova e coordinatore regionale per il Triveneto della Sirp (Società italiana di riabilitazione psicosociale). Si […]
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