DOMANDA
Buon giorno Dottore,
a mio suocero è stato diagnosticato un k prostata con metastasi oramai diffuse al fegato, coste, rachide, bacino e chissà dove altro. Al momento un rene non funziona e l’urologo non valuta utile fare una biopsia considerando i valori del psa (7880) che palesano un tumore primario alla prostata. La notizia ci è stata comunicata senza mezze parole dall’urologo che ha valutato la prostata di mio suocero a seguito dell’esecuzione della tac, pensando che noi sapessimo almeno del tumore. Le sue parole sono state esattamente che non c’è più nulla da fare, nessun intervento, ne chemioterapia per via del rene ma solo cure palliative fino al decesso che avverrà molto presto.
Può ben immaginare la nostra incredulità di fronte ad una diagnosi e soprattutto ad una prognosi così dura senza neppure aver consultato un oncologo.
Le scrivo perchè so che lei è stato medico presso il nostro ospedale di riferimento S. Croce e Carle di Cuneo e vorremo sapere da lei un parere su come dovremmo comportarci da oggi in avanti per accompagnare mio suocero nel percorso che sta per intraprendere. E’ consigliabile chiedere un parere ad un oncologo esterno all’ospedale? Lei potrebbe riceverci per fare una valutazione complessiva considerando che il paziente è in buone condizioni generali di salute, non ha mai manifestato sintomi evidenti ed è ricorso a questo accertamento solo per un blocco intestinale. Non riusciamo a capire se arrenderci subito o provare altre strade.
Grazie
RISPOSTA
Gentile signora,
la cosa che sicuramente è utile in questo caso è una valutazione da un oncologo, oltre che dall’urologo. E’ possibile che la situazione sia effettivamente compromessa ma è certamente necessario escludere la fattibilità di cure che possano rallentare l’evoluzione della malattia. In caso contrario sarà necessario avviare suo suocero ad un programma di terapie di supporto per prevenire o ridurre i sintomi della malattia.
Un caro saluto
G.Numico