DOMANDA
mia figlia di tre anni spesso e volentieri chiude le mani sensa un reale motivo per poi non riapriele anche per ore, fino a quando fra le sue manine stringe un panno a mo di benda e poi le riapre. sia io che mio marito all’inizio non abbiamo dato peso alla cosa, in quanto pensavamo che fosse una sorta di gioco, ora pero’ essendo che la piccola ripete il gesto ogni giorno ci stiamo preoccupando. non sappiamo come comportarci in quanto non sappiamo dare un significato a questo gesto.
RISPOSTA
Sua figlia ha tre anni. Una fase della vita dove è particolarmente importante il problema del “conflitto fra senso di autonomia e senso di vergogna”. In sostanza, chiudendo ostinatamente per ore le mani vuole “controllare” numerosi aspetti del suo “funzionamento” mentale e corporeo: la sua capacità di “trattenere”, stringere ciò che è nel suo corpo (simbolizzato dalle mani in questo caso). Ma anche di altre cose molto più importanti per lei, soprattutto quanto si trova nei suoi sfinteri anali (la “popò”) e uretrali (la “pipì”). Questo comportamento ha numerosi altri significati, fra i quali soprattutto un gesto di “sfida” verso i suoi genitori. E’ come se volesse provare quali sono i limiti entro i quali può spingersi. In pratica, vuole mettere a dura prova la pazienza dei genitori di riuscire a tollerare il suo bisogno di stringere per vedere “cosa succede”: si arrabbieranno? perderanno la pazienza? la puniranno? o lei potrà fare “come le pare”? Cosa fare in questi casi? Si tratta prima di tutto di rendersi conto che non si tratta “solo” di un gioco, ma di qualcosa di molto importante e significativo per lo sviluppo mentale (e corporeo) di sua figlia. In secondo luogo, si tratta di trovare un “equilibrio” (è molto più facile a dirsi che a farsi) fra i bisogni che esprime sua figlia (i suoi desideri, anche per lei “oscuri”) e le esigenze educative dei genitori (anche i genitori esprimendo il proprio disagio manifestano desideri oscuri a loro stessi). La bambina con il suo comportamento, apparentemente “senza motivo”, inspiegabile agli occhi dei genitori, vuole mostrare, portare alla luce qualcosa che sente dentro di lei come urgente, importante. I genitori con la loro sensibilità, con la capacità che avranno di “ascoltare” la figlia, senza possibilmente perdere la pazienza, la guideranno a prendere consapevolezza che il suo “grido” non è rimasto inascoltato e che al contrario è ben presente ai genitori che, insieme a lei, prendono in “carico” il problema e la aiiutano in questo difficile momento della sua vita. Se i genitori riusciranno a trovare (lo vedranno loro stessi dal risultato che i loro comportamenti hanno sulla bambina) un equilibrio fra le esigenze di autonomia (“fare come le pare”) e quelle dell’educazione espresse dalla cultura di appartenenza dei genitori (i comportamenti effettivi dei genitori in relazione a ciò che fa la figlia), allora la bambina con ogni probabilità supererà questo conflitto in cui è ora implicata. Anzi troverà in questo “esempio” che ha vissuto lei stessa (insieme ai genitori) una fonte di risorse, di energie fondamentali che le saranno necessarie in futuro per affrontare e risolvere i numerosi conflitti di cui la vita futura è piena, ricca.