DOMANDA
Buonasera Dottore, mio marito 55 anni, noto per mielofibrosi idiopatica da ottobre 2008, curato con oncocarbide. Da ottobre 2012 aumento di glob.bianchi e splenomegalia.Progressivo aumento di blasti circolanti. 8 marzo 2013 trapianto staminali da sorella HLA compatibile (68 anni). Ottimo decorso fino a 11 giugno, controlli ogni 14 giorni. Poi forti dolori ossei.14 giugno aumento dei valori. Al pronto soccorso i medici considerano buona cosa in quanto ipotizzano ripresa del lavoro del midollo osseo. 25 giugno ricovero per ritorno malattia in forma leucemica. Rene compromesso, focolaio e polmonite. 3 cicli di chemio con citarabina e due con idarubicina, ultimo 15/7. Dimesso il 17/7. Al controllo di oggi: Hb 9.3 – GB 3680 – PLT 66000. I medici non mi dicono nulla. Solo di aspettare giorno per giorno e vedere come si mette la situazione. Speranze poche, molto poche… Mangia pochissimo per nausea (x la malattia? la milza ingrossata?x le chemio fatte?). E’ molto stanco, dimagrito di 11 chili. Fra 7 gg.nuovo controllo. Potrebbe rientrare in un protocollo sperimentale? Cosa possiamo fare? Come possiamo capire se la terapia dell’ultimo ricovero ha funzionato? Il professore che lo segue non ci dice molto e noi viviamo un incubo…Alla scoperta della malattia ci era stato detto di stare tranquilli. Non rischiava la vita per questa malattia.Perchè il trapianto non ha funzionato? Sembra che la malattia sia tutta nella milza. La ringrazio per volermi dare un suo parere.
RISPOSTA
Gentile signora, sebbene comprenda la sua paura e il suo desiderio di conoscere cosa sta accadendo a suo marito, la invito ad avere fiducia nei colleghi che hanno in cura suo marito. Sulla base di quanto mi ha detto, posso solo fare delle illazioni che non avrebbero alcun senso in quanto non conosco suo marito e la sua situazione. Comprendo lo scoramento per via della recidiva della malattia, e d’altra parte se è stato eseguito un trapianto allogenico significa che suo marito aveva una malattia in stadio avanzato. Una possibilità, se non è già stata percorsa prima del trapianto, potrebbe essere correlata ad un eventuale trattamento con farmaci inibitori di JAK2, ma bisogna che siano i suoi medici a decidere la strategia migliore.