DOMANDA
Buongiorno, vivo con mio marito da 6 anni in una località distante 40 km dalla mia famiglia e ho un bambino di 2 anni. A causa dell’assenza di una rete familiare vicino a noi, e a causa delle frequenti malattie del bambino, ho lasciato il mio lavoro e mi occupo di lui a tempo pieno. La mia vita è monotona e molto faticosa, faccio tutto io e mi sento poco realizzata. Avevo un bel lavoro e ho un’ottima formazione universitaria, sento di avere del talento inutilizzato. Mi piacerebbe lavorare partime, ma sento la necessità di appoggiarmi alla mia famiglia per l’accudimento mio figlio e vorrei per lui una famiglia più allargata su cui contare. Vorrei che ci trasferissimo vicino ai miei, persone molto disponibili e calorose, ma mio marito, cresciuto con un altro tipo di educazione, non è d’accordo. La sua famiglia è disgregata e hanno tutti cattivi rapporti tra di loro, e io e mio figlio non riceviamo alcun tipo di sostegno nè interessamento. Per tornare a “vivere” (lavorare e avere un minimo di aiuto per il bambino), io vorrei spostarmi. Finora ho rinunciato a tutto per compiacere mio marito e non creargli problemi, ma la verità è che lui non avrebbe alcun problema reale: può lavorare ovunque, la sua attività è in proprio. Lui è legato al luogo e alla casa, effettivamente molto bella. Ho paura che obbligandolo a fare questo passo, lo renderei insoddisfatto. Ma so anche che non posso più mettermi in secondo piano dopo tanti anni di sacrifici. Cosa ne pensa?
RISPOSTA
Conciliare le proprie esigenze di autorealizzazione con la cura dei figli é per una donna sempre molto faticoso. D’altronde i piccoli hanno bisogno della madre per poter avere uno sviluppo ottimale. Ha provato a parlare a più riprese con suo marito, con calma, dei suoi bisogni e delle sue frustrazioni? Parlarsi prima che la rabbia si accumuli ed esploda rimane la carta vincente.