DOMANDA
Salve, le scrivo per avere un parere relativamente all’opportunità di condurre i cicli di chemioterapia in regime di ospedalizzazione piuttosto che in DH, nel caso di un malato per linfoma linfoblastico a cellule T.
Il paziente in questione è stato arruolato ad un protocollo NILG-ALL Gimema che sta per iniziare. Ci è stato riferito che in genere richiede l’ospedalizzazione ma che per via della mancanza di posti letto si può optare per il DH, a patto che il paziente beva 4 litri di acqua al giorno e si tenga lontano da posti affollati possibili e gente infetta. Ci chiediamo se a queste condizioni si possa con serenità ripiegare sul DH o se i rischi cui si va incontro crescono a tal punto da rendere più opportuno il ricorso ad un ospedale che possa ospitarlo. Le chiedo inoltre il suo parere riguardo all’utilizzo di accessi venosi tramite PIC o PORT nel caso di lunghe terapie (2 anni) come in questo. Grazie
RISPOSTA
Buongiorno.
Per quando riguarda la sua prima domanda, la risposta dipende da una serie di considerazioni. Se il paziente è giovane, in buone condizioni generali, senza particolari comorbidità, e se dal punto di vista logistico (situazione domiciliare, distanza residenza-ospedale, ecc) non presenta ragioni che possano ostacolare fortemente l’attuazione della terapia in DH, a mio parere la terapia potrebbe essere iniziata al di fuori del regime di ricovero ordinario, salvo poi proseguire in reparto ospedaliero in caso di necessità. Pur non sapendo dove è seguito, credo comunque fortemente che possa fidarsi del parere dei colleghi che l’hanno in cura.
Per quanto riguarda i CVC a permanenza (PICC o Port-a-cath), essi sono di certo molto utili proprio per la durata delle terapie necessarie.