DOMANDA
Buongiorno,
ho 40 anni e soffro di parodontite. Ultimamente si sente parecchio parlare del protocollo Perioblast che sembra promettere miracoli. Cosa ne pensa? E’ davvero efficace? Vale la pena tentare?
Grazie. Cordiali saluti
Mariano
RISPOSTA
Caro Mariano,
grazie del suo messaggio.
non conosco i miracoli in medicina. Conosco tuttavia la scienza e la letteratura scientifica sulla parodontopatia. Ciò che evidenziano è che il fulcro della terapia non è il mezzo, il protocollo o lo strumento bensì la diagnosi e l’obiettivo del trattamento.
Tale obiettivo è costituito da due principali fasi: impedire l’accumulo di placca specialmente a livello subgengivale e modulare la suscettibilità del soggetto. Il primo obiettivo è raggiunto tramite un training al paziente affinché possa pulirsi correttamente i denti (una persona con la parodontopatia ogni volta che si lava i denti deve eseguire una sorta di auto-terapia) ed infine rimuovere professionalmente la placca ed il tartaro accumulati nelle tasche gengivali. Il secondo obiettivo, la vera sfida del giorno d’oggi, è quello di ridurre la tendenza a sviluppare malattia. Per questo si lavora sul controllo delle sigarette, la nutrizione, l’attività fisica ed i farmaci.
Per quello che riguarda la diagnosi, la letteratura è altrettanto chiara: la diagnosi della parodontite è clinica. Basta un piccolo strumento chiamato sonda parodontale. Test microbiologici possono essere utili solo nei casi in cui si reputi necessaria la terapia antibiotica ( son tuttavia una piccola percentuale di casi) ed i test genetici trovano il loro utilizzo nella ricerca più che nella pratica clinica quotidiana.
Per ciò che riguarda la strumentazione delle superfici radicolari confermo ciò che ho detto tante volte in questa rubrica. Le terapie tradizionali sono quelle che hanno la più grande evidenza scientifica. Le terapie più recenti hanno comprensibilmente letteratura inferiore di numero, e talvolta di qualità. Il confronto con le terapie tradizionali, come evidenziato anche sia dall’accademia americana di Parodontologia che dalla società Italiana di Parodontologia, è nella migliore delle ipotesi di equivalenza.
Si badi bene, sia la terapia laser che fotodinamica – come evidenziato chiaramente dalla letteratura scientifica – per determinare effetti tangibili devono essere eseguite come terapie aggiuntive ossia in aggiunta alla terapia tradizionale e non sostitutive (senza levigatura radicolare quindi).
Mi piace concludere con quanto riportato dall’Accademia Americana di Parodontologia (https://www.perio.org/consumer/laser-therapy.htm) : non vi è evidenza scientifica che i laser siano superiori alla terapia tradizionale.
Le auguro una buona giornata ed una pronta guarigione
Prof. Filippo Graziani
Università di Pisa
Vicepresidente Federazione Europea di Parodontologia (ww.efp.org)