fìstola perianale


    Aggiornato il 14 Dicembre 2015

    fistola che si forma in seguito ad ascessi perianali o perirettali, e cronicamente contiene secrezioni purulente o di natura tubercolare. Si creano, in tal modo, canali patologici che mettono in comunicazione l’ultima porzione dell’intestino con le parti vicine, comprese la fossa ischio-rettale e lo spazio pelvirettale superiore. Dal punto di vista descrittivo, le fistole perianali possono essere distinte tra loro a seconda che: a) presentino un orifizio interno o mucoso nel canale anale o nel retto e un orifizio esterno o cutaneo; b) sia dimostrabile il solo sbocco alla cute; c) si aprano soltanto nel canale anale o nel retto. Le cause di una fistola perianale vanno ricercate, come s’è detto, in un ascesso anale (sostenuto da batteri piogeni), o in uno stadio molto avanzato di tubercolosi polmonare (fase terziaria di una tisi, allorquando i bacilli vengono inghiottiti con l’escreato ed eliminati con le feci). Eccezionalmente, anche l’actinomicosi può causare una fistola perianale. Conviene inoltre ricordare che una o più fistole perianali possono essere sintomatiche di una rettocolite ulcerosa. La sintomatologia è costituita da febbre, con dolore e tenesmo rettale e secrezione purulenta cronica (più facilmente individuabile nel caso in cui la fistola si apra alla cute). L’ispezione del canale anorettale mediante speculum e l’esplorazione rettale sono due momenti fondamentali della diagnosi. L’impiego di uno specillo per l’esplorazione del tragitto sospetto va fatto con cautela, per non aprire false strade, tenendo presente la regola generale che vuole che le fistole antistanti la linea bisettrice trasversale dell’ano siano di regola rettilinee e originino dalla parete anteriore del canale anorettale, mentre quelle retrostanti siano arcuate e originino posteriormente, solitamente sulla linea mediana. L’iniezione di coloranti liquidi, come il blu di metilene, nello sbocco cutaneo dimostra solitamente nei casi dubbi l’esistenza della comunicazione con l’ultimo tratto del tubo digerente. La terapia varia in funzione della posizione e della gravità del quadro: può comportare l’excisione chirurgica della fistola con ricostruzione della parete, o il meno traumatico metodo cosiddetto “del filo” (attraverso il quale la fistola viene lentamente drenata e sezionata con riparazione cicatriziale conclusiva, sfruttando l’azione di fili di nylon inseriti lungo il tragitto fistoloso e fissati alla superficie cutanea delle natiche con un cerotto: la trazione costantemente esercitata sul filo, e a maggior ragione nel corso dei movimenti, determina un effetto tagliente sui tessuti, al quale segue la lenta riparazione).