DOMANDA
Buongiorno dottore, sono una donna di 37 anni, a metà settembre ho sentito lavandomi un bozzo duro e immobile al terzo prossimale del braccio dx sulla superficie volare. Ho effettuato un ecografia di controllo che rilevava: “una formazione allungata, fusiforme, di diametro sagittale massimo di 32 mm, spessore di 8 mm, a struttura solida, disomogenea, ipoecogena, in stretta continuità con il piano fasciale muscolare, da cui mantiene il piano di clivaggio. La formazione, apparentemente capsulata, mostra una propaggine a decorso falciforme sul versante esterno, ecograficamente mostra le caratteristiche della benignità. Strutturalmente è compatibile con una formazione ad origine connettivale, verosimilmente un fibroma”. Il mio medico di base mi ha consigliato la rimozione. Il 23 ottobre, un dermatologo ha provveduto alla rimozione chirurgica del nodulo, poiché sembrava dall’ecografia abbastanza superficiale, ma una volta aperto si è trovato di fronte ad una sorpresa, in un mese era cresciuto e infiltrato nel muscolo. Dall’esame istologico è emerso che si tratta di una fibromatosi aggressiva di tipo desmoide. In questi casi come si procede? Devono essere ampliati chirurgicamente i margini di escissione? L’intervento iniziale è stato fatto in anestesia locale e quindi non è potuto andare molto in profondità. Esistono altre alternative terapeutiche? In Toscana esistono centri affidabili e specializzati nel trattamento di questa patologia? Ho letto che tende a recidivare molto frequentemente. Questa rimozione “sbagliata” potrebbe aver compromesso il decorso? Scusi per le molteplici domande, ma sono confusa e non ho avuto molte risposte. Grazie molte per il tempo che ha voluto dedicarmi.
RISPOSTA
Il tumore desmoide (alias fibromatosi aggressiva o fibromatosi desmoide) è un raro tumore benigno che può insorgere in diverse parti del corpo. La parete addominale è una delle sedi più frequenti. Si tratta di una forma con comportamento imprevedibile che non richiede necessariamente di essere operata in prima battuta, perché dopo una fase di crescita si osserva spesso una stabilizzazione e non infrequentemente poi anche una regressione spontanea. Questo non succedesse occorre mettere in atto delle terapie o effettuare un intervento chirurgico. E’ quindi assolutamente ragionevole, una volta ottenuta la diagnosi e confermata da un patologo esperto nella patologia, passare un periodo di sorveglianza attiva durante il quale fare semplicemente degli esami di controllo. Se la malattia dimostrerà una tendenza mantenuta a crescere nei mesi a venire, si dovrà decidere come affrontarla. Diversamente si potrà continuare con la sola osservazione. In Toscana potete rivolgervi al Careggi, ortopedia oncologica.
Alessandro Gronchi