(o degenerazione epatolenticolare), malattia ereditaria del fegato. Si manifesta negli individui omozigoti per un gene anomalo, cioè in coloro che possiedono entrambi gli alleli (sia materno sia paterno) alterati; è più frequente nei bambini nati da consanguinei. È dovuta a eccessivo accumulo di rame nel fegato, nel sistema nervoso centrale e in altri organi: il fegato, che di solito elimina il rame con la bile, in questo caso non risulta in grado di farlo. Nei primi anni l’accumulo di rame non porta a danno cellulare e nemmeno a sintomi per il paziente. Quando però l’accumulo di rame è sufficiente a distruggere le cellule nervose, vengono danneggiati i nuclei della base cerebrale, provocando tremori, rigidità dei muscoli scheletrici, disturbi della personalità fino alla demenza. A livello epatico la necrosi degli epatociti provoca cirrosi. Spesso coesistono anche danni renali, per accumulo intrarenale di rame. È fondamentale arrivare alla diagnosi in giovane età, prima che inizi il danno cellulare nei diversi organi. La terapia consiste nel rimuovere i depositi di rame il più velocemente possibile tramite la penicillamina, farmaco in grado di legare il metallo e di farlo espellere attraverso le urine. La cura deve essere protratta per tutta la vita: la prevenzione di un ulteriore accumulo di rame si ottiene evitando i cibi ricchi di questo metallo, come le frattaglie, le nocciole, i crostacei, i legumi secchi, il cioccolato, i cereali interi. Anche la prole dei pazienti colpiti dovrebbe essere periodicamente controllata. La malattia non trattata porta inevitabilmente alla morte per insufficienza epatica o per gravi infezioni.