disturbo dell’identità sessuale, caratterizzato dal sentirsi psicologicamente di sesso opposto a quello biologico (per esempio, il transessuale maschio è un uomo normale dal punto di vista genetico, gonadico e ormonale, che si sente una donna imprigionata in un corpo maschile). La persona transessuale sente impossibile condurre un’esistenza consona al proprio sesso (in riferimento ad abbigliamento, affetti, lavoro, hobby) e prova vivo disgusto nei confronti dei propri genitali. Prova attrazione sessuale verso persone del proprio sesso anatomico, ma la relazione è vissuta come eterosessuale e non omosessuale. Cerca di adeguare il suo aspetto esteriore, l’abbigliamento e il comportamento a quelli del sesso desiderato, e a partire dall’adolescenza cercherà di ottenere cure ormonali. Non vi sono cause mediche accertate alla base del transessualismo (anche se alcuni autori ipotizzano fattori genetici od ormonali, che avrebbero agito già durante la vita fetale): l’origine sarebbe dunque da ricercare in ambito psicologico. Poiché l’identità sessuale si struttura entro il terzo anno di vita, si può ipotizzare che in questo periodo agiscano a livello profondo fattori disturbanti di ordine relazionale, familiare, culturale e sociale (transessualismo primario). Si definisce transessualismo secondario, invece, una condizione acquisita più tardivamente, in seguito a condizionamenti sociali, economici, o a eventi traumatici (per esempio, un soggetto «travestito», che, prostituendosi in abiti femminili, finisca per assumere progressivamente una identità femminile giungendo a desiderare il cambiamento di sesso). La variazione del sesso e la successiva variazione anagrafica del nome sono consentite in Italia a norma di una legge del 1982.