19enne depresso

    DOMANDA

    Buongiorno, Le scrivo poichè ho un figlio 19enne che ha ammesso di avere problemi: esce poco di casa, tiene il telefono spento, non si diverte più con niente. Ha pochissimi amici. Passa le sue giornate al pc, ha lasciato la scuola e non vuole cercarsi un lavoro. Mangia poco ed il suo umore passa da pazzerello/allegro a nervoso e taciturno.
    Pur avendolo ammesso, non vuole recarsi da uno psicologo.
    Abbiamo un altro figlio di due anni più piccolo, che però non ha problemi.
    Così ci siamo recati io e mio marito, e ci hanno detto che sbagliamo perchè facciamo uno il gendarme buono e l’altro il gendarme cattivo, e le discussioni, purtroppo, vengono fatte davanti ai figli.
    Sappiamo che hanno ragione, ma, al di là dell’educazione, quello che vorremmo sapere noi, ma che nessuno ci ha risposto, è come dobbiamo comportarci verso una persona malata.
    Se nostro figlio non vuole sottoporsi ad una visita, come dobbiamo comportarci noi, cosa dobbiamo fare? Ringrazio e porgo cordiali saluti. Rossel

    RISPOSTA

    Gentilissima Lella65,
    dalle informazioni che mi da, siamo di fronte a dei comportamenti di chiusura verso il mondo esterno che sicuramente meritano un approfondimento per essere compresi nel loro significato.
    Si tratta quindi di capire se tali comportamenti sono temporanei o se invece sono il preludio di un malessere che si va a strutturare.
    Non si tratta quindi di sdrammatizzare la situazione, ma nemmeno di trascurarla.
    Il genitore che riesce più facilmente dell’altro a comunicare con il ragazzo potrebbe cercare di manifestare maggiormente la sua disponibilità in termini di presenza cercando di creare opportunità per parlare.
    Si tratta quindi di creare le condizioni per uscire, trascorrere del tempo insieme in quei luoghi ritenuti significativi per il ragazzo, allo scopo di imbastire appena possibile un dialogo teso a comprendere l’esperienza che sta vivendo.
    Ovviamente particolare attenzione deve essere posta nel cercare di aiutarlo a favorire le uscite con gli amici o la frequentazione di luoghi di aggregazione giovanile.
    Altrettanta attenzione dovrebbe essere posta nel momento in cui fosse il ragazzo a richiedere un confronto o un contatto con uno e entrambi i genitori.
    Inoltre sono certo che come genitori saprete essere molto attenti nell’evitare di trasmettere messaggi che tendono a strutturare l’immagine del figlio “problematico”.
    Per concludere, non appena ci fosse l’occasione, vi consiglierei di spiegare bene a vostro figlio che non neccessariamente chi va dallo psicologo deve avere dei problemi e che molte persone vanno a fare un trattamento psicologico per ricevere indicazioni e chiarimenti su quanto sta accadendo in un particolare momento dell’esistenza.
    Gioacchino Pagliaro

    Gioacchino Pagliaro

    Gioacchino Pagliaro

    Psicologo alla Ausl di Bologna e docente dell’università di Padova. È direttore dell’unità operativa di psicologia clinica ospedaliera dell’Ausl di Bologna. Ha fondato nel 1994 il Centro di psicologia clinica dell’Ausl di Sondrio. È professore a contratto di psicologia clinica presso la facoltà di psicologia dell’università di Padova. Ha pubblicato Il Tao della salute (Domeneghini […]
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