DOMANDA
Buona sera, sono una donna di 35 anni sposata da 4 e con un bambino di 18 mesi. Da qualche tempo ho una gran confusione in testa perché non so più cosa voglio o per lo meno penso di saperlo ma non ho il coraggio di affrontare il tutto. Sono insoddisfatta della vita che vivo e dove la vivo…ho vissuto per 10 anni lontano da casa prima per studiare e poi lavorare. Poi per mio marito sono tornata a casa ma all’ inizio mi andava bene ma ora dopo sei anni comincio a non farcela più …tutto mi sta stretto e mi manca la mia indipendenza a 360 gradi a partire da quella economica a finire con tutto il resto. Di trovare lavoro qui da me non se ne parla proprio poiché non esiste. Poi ultimamente sto iniziando a capire di non amarlo, provo del grande affetto ma niente più . E’ una brava persona e mi porta rispetto ma mi sembra di vivere in una prigione che mi sono costruita con le mie stesse mani. Tra noi ci sono stati sempre alti e bassi nel rapporto …siamo molto diversi caratterialmente e questo col tempo mi pesa tanto. Non so cosa fare , ho paura di lasciarlo e poi di pentirmene. Ho anche pensato di tornare a cercare lavoro dove vivevo prima ma poi come farei con mio figlio? Mi sembrerebbe di fare un torto a mio figlio. Mio marito non potrebbe seguirmi a causa del lavoro che fa e poi sinceramente non vorrei che mi seguisse … Non so cosa fare … O forse lo so ma ho paura di sbagliare tutto ed ho paura di essere giudicata ….
RISPOSTA
Buonasera gentile Signora,
dalle righe che scrive sembra che lei stia vivendo un tipico momento di transizione nella vita. Periodi di questo genere – soprattutto se caratterizzati da novità e cambiamenti rilevanti, come la nascita di un figlio e il cambiamento di abitazione – possono essere vissuti come destabilizzanti, facendo perdere (almeno in parte) il senso della vita.
Nella sua lettera ci sono delle indicazioni importanti: dice che è tornata a casa per suo marito, che ora sente di non amarlo più, e che si sente in una prigione… Sembra che la decisione che lei si è – almeno in parte – autoimposta (“per mio marito”) ora le si torce contro, provocando – probabilmente non è la sola causa – una “rivolta” verso di lui, aggravata dalla sensazione di vivere in una prigione. Ma oltre a suo marito c’è, adesso, suo figlio.
Se non ha delle persone fidate con cui parlare apertamente di questa sua situazione e della confusione che prova, le consiglierei di rivolgersi ad un “aiuto esperto” di genere psicologico al fine di fare chiarezza, confrontandosi con una persona che possa darle una visione più ampia.
Prima di prendere delle decisioni conviene sicuramente confrontarsi con qualcuna/o che sia “esterno” alla situazione e che possa darle diverse chiavi di lettura, non solo della situazione, ma anche di lei stessa e di ciò che prova, naturalmente.
Cari saluti e molti auguri,
Andrea Castiello d’Antonio