Contatto ravvicinato con persone radioattive

    DOMANDA

    Salve,
    mia figlia frequenta una scuola elementare della provincia di Trento.
    Quest’anno (ed è previsto anche per i prossimi anni), la scuola ospita per circa un mese, un gruppo di bambini provenienti dalle zone della Bielorussia fortemente contaminate dal disastro di Cernobyl del 1986 e dalle successive emissioni degli anni seguenti e che sembrano continuare in minor misura anche attualmente.
    Ci viene spiegato che questi bambini, mangiando i prodotti alimentari contaminati dalla radioattività della loro terra, bevendo l’acqua contaminata ecc. sono loro stessi contaminati da radiazioni e, proprio per questo, fanno questo “viaggio terapeutico” di circa un mese all’anno, venendo qui in Italia dove trovano un ambiente sano e, mangiando qui in Italia prodotti incontaminati, nel giro di un mese riescono a “buttar fuori” la maggior parte della radioattività che hanno in corpo e “ripulirsi” dalle radiazioni.
    Questa radioattività viene emessa sia con urine e feci, ma anche semplicemente emettendola costantemente nell’ambiente circostante, più o meno come avviene nel caso di pazienti che siano in cura radiometabolica oppure che abbiano assunto un mezzo di contrasto radioattivo per esami diagnostici (nei qual casi viene raccomandato di mantenere qualche metro di distanza da donne incinte e bambini per alcuni giorni, fino a “smaltimento” avvenuto).
    In tal senso mi viene da supporre che non sia sicuro per i bambini della scuola, fare lezioni promiscue con questi bambini Bielorussi, stando seduti vicini di banco per molte ore al giorno per circa un mese. Pur supponendo magari un’entità esigua della radioattività di ciascun bambino, si tratta comunque di più individui (una ventina di bambini Bielorussi e alcune loro maestre e interpreti) che interagiscono a stretto contatto con gli alunni della scuola e quindi non sono soltanto una, ma molte fonti contemporanee di potenziale irradiazione.
    Le chiedo cortesemente se, per prudenza, sia opportuno, soprattutto per i bambini e per le eventuali maestre incinte, mantenersi a una distanza di “sicurezza” di alcuni metri da ciascuno di questi bambini e insegnanti provenienti dalle zone contaminate della Bielorussia, supponendo che al momento del loro arrivo, sono da considerarsi “contaminati” essi stessi e dunque fonte di irradiazione per chi si trova a loro stretto contatto.
    In tal caso mi sentirei di proporre che vengano accolti in aule apposite e che che le lezioni promiscue a stretto contatto siano evitate preferendo piuttosto momenti di interazione comune durante la ricreazione o comunque in spazi ampi dove non sia necessario permanere tante ore vicini di banco.
    La ringrazio molto.
    Cordiali saluti.
    Luca.

    RISPOSTA

    Grazie per la domanda assai precisa e dettagliata.

    La radioattività emessa dai bambini in vacanza in Italia è quantitativamente assai minore di quella emessa dai pazienti che vengono somministrati con radiofarmaci per uso diagnostico o terapeutico, con livelli non comparabili. Tale quantità è misurabile, e proprio perché risulta minimale, non vengono prese misure di isolamento o allontanamento di questi bambini e comunque delle persone che tuttora risiedono nelle zone dell’incidente, come invece avviene per i pazienti di cui sopra. Pertanto non esiste alcun rischio legato alla vicinanza o al contatto con tali bambini: qualora volesse un riscontro sulla esatta entità delle radiazioni emesse (che ripeto, non è semplicemente esigua ma davvero minimale) può rivolgersi ad un esperto qualificato fisico sanitario, oppure consultare i precisi rapporti stilati dalla IAEA.

    Non è assolutamente corretto etichettare questi bambini come contaminati, la semplice esposizione a minime quantità di sostanze radioattive è un evento cui siamo tutti quotidianamente esposti. Purtroppo questi bambini corrono il rischio di una esposizione prolungata a piccole quantità di isotopi a lunga emivita (come il Cesio137) ma in verità il beneficio di cui giovano trascorrendo un mese nella sua bellissima provincia è soprattutto legato alla possibilità di eseguire controlli medici, incontrare coetanei di un paese diverso, provare una alimentazione sana ed equilibrata, trascorrere un mese sereno in un ambiente accogliente.

    Grazie e buone feste

    Stefano Fanti

    Stefano Fanti

    ESPERTO IN MEDICINA NUCLEARE. Professore associato di medicina nucleare all’Università di Bologna. Nato a Bologna nel 1964, si è laureato e specializzato in medicina nucleare all’Università di Bologna. Dirige il centro Pet al policlinico S. Orsola – Malpighi di Bologna e la scuola di specialità di medicina nucleare all’Università di Bologna.
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