DOMANDA
Forse mia nipote, che ha 42 anni, dovrà essere sottoposta a un trapianto di cuore. Ammetto di essere molto spaventata per la sua situazione e mi chiedo per quanto tempo dovrà usare i farmaci antirigetto. Non intossicano l’organismo e lo espongono a tante malattie? Una persona rischia di ammalarsi di più? Esistono statistiche?
Vi ringrazio e aspetto una risposta, se è posibile
RISPOSTA
Il trapianto di cuore è un efficacissimo trattamento in soggetti affetti da cardiopatie terminali la cui aspettativa di vita è inferiore ai dodici mesi, che hanno necessità di continui ricoveri ospedalieri o, addirittura, ospedalizzazione permanente quando la funzione cardiaca diventa dipendente da farmaci che devono essere somministrati in infusione continua e per via endovenosa. I farmaci antirigetto devono essere assunti per tutta la vita, ma le dosi si riducono notevolemente nel corso del primo anno. I farmaci antirigetto presentano numerosi effetti collaterali, prevalentemente a carico della funzione renale, e dell’apparato immunitario, ma il monitoraggio attento della terapia e dello stato clinico del paziente permette di ridurre enormemente i rischi. Un buon centro trapianti deve avere un ambulatorio dedicato, che segua intensivamente i pazienti dopo la dimissione, e periodicamente per il resto della loro vita. La maggiore percentuale di complicanze intese come infezione e/o rigetto si osservano entro i primi 6-12 mesi post operatori. La sopravvivenza a 5 anni dei pazienti operati di trapianto è dell’ 80-85%. La mortalità dei pazienti in lista d’attesa che non giungono all’intervento è del 75-80% a12 mesi. Il trapianto di cuore è quindi un intervento salvavita che rappresenta l’unica terapia oggi possibile in pazienti con cardiopatie terminali che non abbiano nessun altra possibilità di accesso alle terapie tradizionali.