DOMANDA
Buongiorno ,
sono un uomo di 64 anni che a seguito di un’ ablazione del tartaro
mi è stata diagnosticata una parodontite :
purtroppo gli incisivi si muovono e il dentista mi ha detto che anche altri denti presentano delle tasche abbastanza profonde di 5/7 mm., proponendomi di fare l’intervento a cielo aperto in due o tre sedute sulle due arcate.
Io ho qualche dubbio perché l’intervento è abbastanza invasivo e comporta molti disagi e il risultato non è sicuro.
Ho letto su vari siti della terapia al laser,che viene presentata come ottima, per curare la piorrea in più sedute senza ricorrere al bisturi, altri siti invece che suddetta terapia è coadiuvante alla prima ma non sostitutiva.
Ho interpellato telefonicamente qualche studio dentistico tra i quali, alcuni sono sostenitori della terapia al laser che abbinato a un test biologico e un test genetico risolverebbe definitivamente il problema dei batteri, altri invece preferiscono il metodo tradizionale sostenendo che il laser non è risolutivo e che potrebbe essere addirittura pericoloso se non viene usato da mani esperte e competenti.
Chiedo: quale terapia scegliere?
In attesa di una vostra comunicazione ringrazio e saluto cordialmente.
Vincenzo
RISPOSTA
caro Sig. Vincenzo,
grazie per la sua interessante lettera che mi permette di discutere alcuni punti interessanti.
I batteri responsabili della parodontopatia tendono a depositarsi nel solco sottogengivale e il loro accumulo, nei soggetti suscettibili, determina il processo infiammatorio che è responsabile della malattia. Pertanto la fase cruciale di ogni trattamento è la rimozione di questo aggregato di batteri che appare sottoforma di un biofilm conosciuto come placca dentale batterica.
Dunque qualsiasi terapia – indipendentemente dalle modalità terapeutiche siano esse chirurgiche o non, con il laser o meno – deve in primis assicurare una decontaminazione della superficie delle radici dei denti dalla placca batterica.
La terapia tradizionale prevede che questa fase di decontaminazione avvenga con strumenti ultrasonici o manuali ( le curettes). Le terapie alternative utilizzano il laser, la terapia fotodinamica, ecc. per la decontaminazione sottogengivale. Il Laser può essere usato sia da solo nella decontaminazione che come aggiuntivo alla terapia tradizionale. Esistono differenze fra le varie metodiche? Indipendentemente dalle opinioni, tutte autorevoli, di valenti ed esperti clinici le riporto i risultati delle review sistematiche e delle meta-analisi che sono le fonti letterarie che presentano la maggiore evidenza scientifica.
Alla luce della letteratura scientifica le fonti più autorevoli non mostrano differenze rilevanti fra le metodiche tradizionali e quelle alternative ( Conferenza della Federazione Europea di Parodontologia 2008; Statement dell’Accademia Americana di Parodontologia 2011; Laser Medical Sciences 2012).
Ad ogni modo, indipendentemente dalle metodiche, questa fase è definita come causale o non-chirurgica. Una volta eseguita , si aspetterà la guarigione dei tessuti e si rivaluterà lo stato di salute gengivale per decidere se vi sia bisogno o meno degli interventi chirurgici. Escluderei quindi di iniziare il trattamento dalla chirurgia (a questo scopo veda il “progetto terapia” della Società Italiana di Parodontologia, www.sidp.it).
In ultimo Lei cita anche i test genetici e microbiologici. Preciso che sono test diagnostici e non terapeutici. Tali test, soprattutto quello microbiologico, possono avere qualche indicazione in alcune forme di parodontitie aggressiva per valutare l’eventuale uso aggiuntivo di terapie antibiotiche. Il test genetico, soprattutto quello che misura il polimorfismo della interleuchina 1, è stato suggerito per valutare la tendenza alla progressione della malattia ma la sua utilità è molto dibattuta in letteratura.
Sperando di avere risposto ai suoi dubbi Le invio i miei più cordiali saluti.
Buona Giornata
Filippo Graziani