DOMANDA
Salve..
Mia mamma già anni fa ha sofferto di una forte depressione della quale, ultimamente, sembrava non avere più sintomi se non qualche attacco di ansia/panico molto sporadici. Ora, dopo un lungo ricovero in ospedale dovuto ad una forte infezione alla colonna cervicale che ha costretto i medici a cambire la cura antidepressiva abituale, la malattia è ricomparsa in maniera notevole (ansia, irrequietudine, poco appetito, disinteresse, fastidio della gente).
La terapia precedente consisteva in 1 compressa di Trittico da 150 mg e 1 compressa di Paroxetida da 20 mg al giorno. Inoltre, in caso di attacchi forti d’ansia/panico 1 compressa da 0,5 mg di Xanax.
Ora la terapia consiste in 1 compressa di Cymbalta da 60 mg, 5+5+20 gocce di Rivotril 2,5 mg alle ore 8-12-22 e 2+2+2 gocce di Serenase 10 mg alle ore 8-14-20.
La precedente terapia è stata variata perchè ritenuta troppo aggressiva nei confronti degli antibiotici somministrati e perchè, dal momento che l’infezione premeva sul midollo spinale e i movimenti degli arti inferiori erano notevolmente compromessi, si riteneva possibile non riuscire a capire eventuali miglioramenti in quanto gli antidepressivi avrebbero potuto intontirla e provocare la stessa difficoltà motoria.
In casa, nell’attesa di un consulto con il suo psichiatra, continuiamo a somministrarle la terapia prescrittale in ospedale ma le cose sembrano non migliorare! Volevo sapere, se possibile, come sarebbe meglio comportarsi..
Grazie, Elena
RISPOSTA
Gent.ma,
come facilmente immaginerà sul piano farmacologico non mi è possibile dare indicazioni esclusivamente sulle notizie che mi fornisce e senza aver visto (e parlato con) la sua mamma.
Quindi è corretto attendere una visita di un collega psichiatra che possa valutare, sulla base dei sintomi attualmente presenti, della storia di sua mamma , dei tempi relativi ai due trattamenti (durata e termine del primo e inizio del secondo, ad esempio) e delle di lei reazioni alla cura, la terapia farmacologica più adeguata ed efficace.
Sul piano di comprensione del sintomo ansioso-depressivo che nuovamente si è ripresentato mi sembra utile sottolineare la correlazione con l’evento malattia e la relativa ospedalizzazione, per come lei la descrive; forse un insieme di timori per la salute, perdita dell’autonomia, difficoltà e fatica nel percorso di cura, angoscia della malattia e degli esiti sulla qualità della vita, tutti aspetti che hanno costituito un peso significativo per sua mamma, cui essa ha risposto con un sintomo già conosciuto in passato.
In questo senso un percorso di consapevolezza comune e condivisa sulla storia di questa nuova sintomatologia potrebbe affiancare il percorso farmacologico e integrarlo. Comprendere talvolta è di grande aiuto al fare.
Con i miei migliori auguri, cordialmente
Laura Belloni