Discopatie e limitazioni al lavoro

    DOMANDA

    Egregio Dottore
    ho 60 anni, lavoro come ausiliaria in un centro di riabilitazione dal 1990,l’ azienda dove lavoro aveva un pulmino senza pedana quindi sollevavo i pazienti in carrozzella. Nel 2004 Il medico del lavoro visto le radiografie dove evidenziavano la discopatie mi fece idonea con limitazioni.eviti lavoro gravoso, vorrei sapere per lavoro gravoso che significa, visto che l’ azienda non vuole tener conto di questo ora che non c’è più il pulmino pretende da me che pulisca 500 mq da sola,sono ormai cinque anni che lo faccio , ma ora non ce la faccio più visto anche l’ età e tanti altri problemi di salute,come devo comportarmi? Mi aiuti la prego anche perché ho chiesto aiuto per le pulizie e mi hanno trasferita a 30 chilometri di distanza ,posso denunciarli?
    Grazie

    RISPOSTA

    gentile signora,

    le rispondo molto volentieri, perché il suo caso è esemplare dei guasti che una cattiva pratica in medicina del lavoro può produrre.

    Da venti anni nel nostro paese è obbligatoria una normativa (il vecchio D.Lgs 626/94, poi il D.Lgs 81/08) che obbliga i datori di lavoro a valutare il rischio professionale, formare e informare i lavoratori, predisporre le misure di prevenzione e istituire la sorveglianza sanitaria nei casi di rischio residuo. Nella sua lettera lei non dice quale era il livello di sforzo al quale lei era esposta: segno che non lo sa (forse non è stata formata in merito: se così fosse, ci sarebbe responsabilità del datore di lavoro) o, peggio, il rischio non è stato misurato (se fosse così, ci sarebbe una  responsabilità del datore di lavoro). Apparentemente, però, anche il medico competente non conosce il livello, dato che fa una prescrizione molto vaga (tutti vorremmo sapere che cosa significa “lavoro gravoso”). Se così fosse, il medico competente sarebbe sanzionabile penalmente per non aver collaborato ala valutazione del rischio.

    Lasciando stare tutte queste possibili sanzioni, cui lei fa riferimento quando domanda se può denunciarli (certo che può, ma difficilmente questo comporterebbe un miglioramento della sua situazione), vorrei focalizzarmi su un altro aspetto: la posizione del medico competente che, limitandosi a scrivere su un pezzetto di carta un giudizio, non fa nulla per migliorare l’ambiente di lavoro. E’ del tutto evidente che, se il lavoro che le veniva richiesto è “eccessivamente gravoso” secondo il medico, non può essere svolto né da lei, né da nessun altro. Se , invece,  è “accettabilmente gravoso”, lei può continuare a lavorare. Ma il medico non lo dice. Credo che questo non sia corretto. Il medico avrebbe dovuto obiettivare, con un sopralluogo, il lavoro specifico e dichiarare se esso poteva essere svolto in sicurezza, ovvero suggerire le misure di prevenzione necessarie per tutti i lavoratori.

    Infine la sintomatologia, di cui lei non parla, ma che era probabilmente un mal di schiena aspecifico, del quale soffre il 70% della popolazione; non c’è evidenza clinica che limitare la movimentazione carichi in tali lavoratori offra vantaggi terapeutici.

    Alla luce di quanto detto, lei dovrebbe chiedere una nuova visita nella quale farsi dichiarare idonea senza limitazioni né prescrizioni, e svolgere i lavori che le sono richiesti.

    Naturalmente tutto ciò non modificherebbe un altro fatto, innegabile: gli anni passano, i problemi di salute aumentano, e i lavori che a venti anni di età si facevano sorridendo sono insopportabili per il lavoratore anziano. Si tratta di un problema enorme, che non solo lei, ma tutti devono (dobbiamo) affrontare e per il quale incredibilmente ben pochi fanno qualcosa.

     

    Nicola Magnavita

    Nicola Magnavita

    Dirigente medico di medicina del lavoro presso il Policlinico Gemelli, docente di medicina del lavoro all’Università Cattolica di Roma. Nato nel 1953, si è laureato in medicina nel 1977 e si è specializzato in medicina del lavoro nel 1980. È autore di oltre 500 articoli scientifici, su riviste nazionali e internazionali, e di 10 libri. […]
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