disturbo di adattamento

    DOMANDA

    Ho letto le sue risposte ultime relative al disturbo di adattamento. Anche io ho questa paura. Mio figlio lo ha avuto tre anni fa . Mi dica , in base alle sue conoscenze, rischia qualcosa da grande? Mi dia una risposta sincera . Spesso piango

    RISPOSTA

    Gentilissimo, anche suo figlio ha avuto un disturbo di adattamento tre anni fa. Rischia qualcosa suo figlio da grande (comunque crescendo)? Le do una risposta sincera e professionale come sempre (è un mio preciso dovere, oltre che un piacere). Il disturbo di adattamento in giovani preadolescenti e/o adolescenti è possibile (non si verifica in tutti i ragazzi e/o le ragazze, come dimostrano le statistiche, le ricerche pidemiologiche: ma in alcuni casi si verifica). Perché? Per rispondere a questa domanda centrale abbiamo due possibilità. Primo, è possibile ricorrere alle attuali conoscenze scientifiche. Secondo, è però anche possibile riferirsi ad altre conoscenze, quelle fondate sul senso comune, sul si dice, capita, oppure centrate sul caso, sul destino, su qualcosa cioè che non può essere previsto o prevedibile per sua natura. Lei chiede un consulto ad un esperto e quindi, come tale, l’esperto deve riferirsi all’abito delle conoscenze scientifiche in rapporto alle quali è definito esperto. Cosa ci dice la ricerca ad oggi? Prima di tutto che le nostre conoscenze scientifiche sul cervello, la mente e i loro processi evolutivi, pur avendo avuto un notevolissimo progresso, presentano alcune falle (come tutti gli altri ambiti di ricerca), fra le quali la completa chiarificazione su come abbia origine e si sviluppi la psicosi (comunque i diversi disturbi e patologie psichiche gravi o gravissime). Detto questo, però alcuni punti sembrano fermi e accertati. Fra questi c’è il concetto (dimostrato empiricamente) che il cervello, la mente delle persone si sviluppa in relazione a tre fattori: fattori interni, esterni e fattori che derivano dalle interazioni complesse fra fattori esterni e fattori interni. Salvo il caso, rarissimo, di precise patologie geneticamente determinate (ad esempio la sindrome di Down, detta anche mongolismo e patologie di questo genere), nessun fattore interno di per sé e da solo può avere il potere di sviluppare una qualsiasi patologia permanente più o meno grave. Perché la patologia si manifesti occorre che concorrano i fattori esterni al soggetto. I fattori esterni sono stati quindi definiti “protettivi”, quando impediscono l’insorgenza di patologie, e “scatenanti”, quando al contrario non solo favoriscono ma attivano la patologia a manifestarsi e stabilirsi nel soggetto. Fra i fattori protettivi ci sono, ad esempio, la struttura familiare nella quale il soggetto si sviluppa (calda affettivamente, capace di modificarsi nel tempo in relazione ai nuovi bisogni dei membri che la compongono, ecc.). Fra i fattori protettivi vi sono anche tutto il contesto delle amicizie nelle quali il soggetto cresce. Il comportamento a scuola e dunque anche la struttura scolastica nella quale il soggetto impara ad agire e reagire. Lo stato emotivo affettivo soggettivo in cui il soggetto cresce: si sente contento, gioioso, o addirittura felice, sereno, o al contrario vive in stati di angoscia, caratterizzati da costanti paure più o meno razionali? Suo figlio ha avuto un episodio, punto e basta. Il fatto che questo episodio possa maturare in una direzione (scomparsa di qualsiasi episodio in futuro) o in un’altra (prima comparsa e progressivamente strutturazione di una patologia) non dipende dal caso e/o dalla genetica, ma dipende da come tutti i fattori protettivi si sviluppano continuando ad esercitare la loro azione positiva. Quindi, il mio consiglio è quello di stare tranquillo, anche interiormente, perché suo figlio non rischia nulla. La presenza di un clima di serenità e calore affettivo intorno a suo figlio è la migliore garanzia di salute mentale per suo figlio (e tutto il resto della famiglia). Si goda il fatto assolutamente impareggiabile per ricchezza e solarità di essere padre, di poter avere un figlio, del fatto che quando va a dormire sa di avere il tesoro inestimabile di quella creatura unica, irripetibile che è suo figlio, e, quando si sveglia, può vedere suo figlio, accarezzarlo, o semplicemente guardarlo come un miracolo vivente lì, sotto i suoi occhi. Perché allora piangere, perché non gioire di tutte queste inestimabili ricchezze che ci sono nella sua vita (e in quella di suo figlio)? Le faccio i miei più calorosi auguri per la sua vita e quella del suo adorato figlio, Luigi Aprile

    Luigi Aprile

    Luigi Aprile

    ESPERTO IN LINGUAGGIO E LETTURA NEI BAMBINI. Docente di psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione all’Università di Firenze. Nato nel 1957 ad Addis Abeba (Etiopia), ha conseguito un dottorato in psicologia presso l’Università di Firenze. Si interessa soprattutto di sviluppo dei processi lessicali e di comprensione della lettura.
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