Dubbio su predisposizione cura tumore esofago

    DOMANDA

    Buongiorno Dottore,
    circa un mese fa a mio padre è stato diagnosticato carcinoma a cellule squamose del tratto inferiore dell’esofago in stadio T4N3M0, considerato attualmente non resecabile.Il papà attualmente si alimenta tramite PEG e in seguito ai trattamenti chemioterapici sin qui effettuati sta iniziando lentamente ad ingerire perlomeno i liquidi (cosa non possibile nemmeno a piccoli sorsi sino ad un mese fa).Sta ora concludendo il primo ciclo di chemioterapia presso lo IOV di Padova e dovrebbe iniziare a breve il trattamento radioterapico presso l’azienda universitaria ospedaliera di Padova; che sembra tollerare abbastanza bene nonostante un pò di stanchezza e debolezza dovuta ad anemia.
    Il dubbio nasce in seguito ad ultimo colloquio avuto ieri con la radioterapista che seguirà mio papà, inquanto mi ha segnalato di aver deciso la riduzione delle sedute previste inizialmente (25) a 10 sedute, specificandomi che tali sedute avrebbero una intensità leggermente maggiore rispetto allo standard. La giustificazione data è che questa riduzione porterebbe ad una diminuzione degli effetti collaterali previsti dalla combinazione dei trattamenti chemioterapico e radioterapico, già evidenziati in pazienti con malattia abbastanza avanzata come il papà, che altrimenti possono causare la necessità di sospensione di uno o entrambi i trattamenti.Aumentando l’intensità della radioterapia anche con meno sedute il risultato sarà simile?La ringrazio per la disponibilità.
    Saluti,Paola Ruffoni

    RISPOSTA

    Gent.le Signora,
    prima di tutto ci tengo a dirLe che Lei si è rivolta a due dei più qualificati centri Italiani nel trattamento della patologia Neoplastica dell’esofago e che quindi può avere piena fiducia nei Colleghi di quelle due Istituzioni. Nello specifico il Carcinoma a cellule squamose dell’esofago, a quel livello di stadiazione , viene trattato secondo i protocolli più accreditati in prima istanza con radio e chemioterapia e solo successivamente può essere presa in considerazione una eventuale terapia chirurgica che va comunque stabilita sulla base della ristadiazione e quindi della efficacia del trattamento chemio radio, della rivalutazione del Chirurgo, delle caratteristiche specifiche e generali del Paziente. La scelta della dose totale e frammentazione della Radioterapia è decisione che viene presa del Radioterapista tenendo conto degli intenti terapeutici o palliativi, dello stato del Paziente, delle possibili complicanze ed in definitiva delle finalità generali cui si vuole tendere. A parità di dose totale un minore frazionamento può certamente corrispondere alle aspettative illustratele dal Radioterapista e comunque fa parte del margine decisionale del Professionista pur nel contesto di un indirizzo terapeutico , di norma , concordato con Oncologo e Chirurgo. Penso quindi ,in definitiva, che non debba temere minore efficacia dal trattamento propostole rispetto ad uno di più lunga durata proprio in considerazione del fatto di poter limitare gli effetti collaterali che talora possono essere di una certa importanza.
    Cordialità

    Michele Rubbini

    Michele Rubbini

    TUMORI DELL’APPARATO DIGERENTE. Professore associato di chirurgia generale all’Università di Ferrara. Nato a Ferrara nel 1953, si è laureato all’università della stessa città e si è specializzato in chirurgia generale. Dal 1997 al 2007 è stato direttore dell’unità di chirurgia generale dell’ospedale di Stato della Repubblica di San Marino. Oggi dirige l’unità operativa di chirurgia […]
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