DOMANDA
Professor Aprile,
ho letto la sua risposta sui rituali in pubertà: anche mio figlio a volte li ha , deve toccare e fare alcune cose. E se fosse un inizio di doc? Sono terrorizzata
Giuseppina
RISPOSTA
Gentilisima, non c’è ragione che sia addirittura “terrorizzata”: i bambini, fanciulli, preadolescenti, adolescenti, insomma tutti i soggetti hanno bisogno di sentire intorno a loro il senso della tranquillità, prima di tutto. Il mondo degli adulti è profondamente diverso da quello dei bambini (da 0 a 7-8 anni), dei preadolescenti (dai 9-10 ai 12-13 anni) e degli adolescenti proprio perché l’universo mentale che vive dentro di loro è permeato di “magismo” e “partecipazionismo”. Il “magismo”, in sintesi, è un insieme di credenze (aspetto cognitivo), sentimenti (aspetto emotivo affettivo), stati di relazione (aspetto sociale) per cui esistono rapporti tra cose, eventi, fatti che non hanno una spiegazione “razionale”, “logica”, ma tipicamente ‘irrazionale’, ‘illogica’. Per questo motivo diversi aspetti del comportamento di bambini, preadolescenti, adolescenti risultano per gli adulti inspiegabili, misteriosi. Come appunto lo sono i comportamenti rituali. Nelle cosiddette culture “primitive”, ad es. in molte popolazioni dell’Africa, dell’America meridionale, dell’Asia, del continente Australiano e/o delle regioni ai poli della Terra, i comportamenti rituali non solo sono ammessi anche nel mondo adulto, ma addirittura sono il collante, ciò che unisce le varie persone. Nella cultura occidentale, nella quale è prevalso un approccio razionale, scientifico alla vita, questi comportamenti rituali hanno perduto le loro antichissime proprietà adattive. Sono comportamenti che di norma sono ammessi nella fantasia, nell’immaginazione, nel fantastico. Quindi sono la materia che rende vivi romanzi, film, telefilm, filmati, animazioni generate al computer. Stessa cosa per quanto riguarda i “sentimenti di partecipazione” in base ai quali tutte le cose, eventi, fatti sono intimamente intrecciate. Questi stati mentali sono ammessi nella nostra cultura solo in condizioni limite: paure, ansie, preoccupazioni, stati di alterazione della coscienza. Per questo motivo il mondo degli adulti tende a restringere il significato dei comportamenti ritualizzati e a confinarlo nel limbo della malattia, della patologia. Perché si ha il bisogno di sapere di poter controllare tutto e tutti. Purtroppo la vita dimostra continuamente che questo non è possibile. Il mio consiglio è quindi di potenziare questa capacità di essere umili di fronte a tutte le cose della vita: imparare ad accettare. Senza bisogno di volere capire a tutti i costi. I rituali di suo figlio sono la manifestazione di questo desiderio di “non capire ad ogni costo”. Lo aiutano ad entrare nel mistero della vita. Un mistero che noi adulti vogliamo annullare con la nostra razionalità: dare un posto ad ogni cosa, un significato ad ogni azione. Con i miei migliori auguri per lei e il suo meraviglioso figlio, Luigi Aprile