FEBBRE PERSISTENTE

    DOMANDA

    Buongiorno,

    mio suocero, che ha 90 anni, circa due mesi fa, a seguito di una improvvisa stanchezza, ha eseguito un’analisi del sangue, da cui è emersa una rilevante anemia;

    Per tale ragione ha dovuto fare una trasfusione di sangue.

    Altre indagini, effettuate per capire le cause di tale anemia, hanno rilevato sangue nelle feci e una formazione nel colon.

    Si è tentato di fare una colonscopia, per verificare la natura di questa formazione ma, purtroppo a causa di una grossa ernia scesa nel testicolo sinistro, non è stato possibile effettuare l’esame.

    Tre giorni dopo la trasfusione, ha iniziato ad avere la febbre a 39 e da allora, nonostante l’assunzione di vari antibiotici, la febbre ricompare, a partire da circa una settimana dalla sospensione dell’antibiotico.

    E’ stato anche ricoverato in ospedale, dove hanno eseguito vari esami, senza trovare spiegazione di questa febbre.

    Sono state effettuate emoculture, con esiti negativi.

    Assumeva la Cardioaspirina e, visti i sanguinamenti, (di cui ci si è accorti, solo al verificarsi di tale misteriosa sindrome) è stata sostituita con iniezioni nella pancia.

    Attualmente, ad occhio nudo, dopo tale provvedimento, sembra che nelle feci non ci siano più tracce di sangue.

    Abbiamo avuto consulti con due medici chirurghi: il primo, data l’età ed il fatto di non poter effettuare la colonscopia, ritiene assolutamente sconveniente effettuare l’operazione al colon (sopratutto per la natura ignota di questa formazione); il secondo, invece ritiene opportuno l’intervento per scongiurare l’ipotesi che la formazione possa occludere l’intestino. Entrambi però sostengono che tale formazione è presente da parecchio tempo.

    Qual’è il suo parere sul caso in questione?

    E’ verosimile che tale febbre persistente sia cagionata da questa formazione, oppure dalla trasfusione di sangue effettuata? (la febbre è iniziata 3 giorni dopo la prima trasfusione di due sacche; a distanza di due mesi ha fatto una seconda trasfusione ma di una solo sacca).

    E’ giustificabile, a suo avviso, il ricorso ad un’intervento al colon?

    Mi faccia sapere

    Grazie

    Enzo

    RISPOSTA

    Egregio Signore,

    posso solo fornire alcuni suggerimenti, poiché la visita del malato in queste situazioni è fondamentale.

    Il paziente è stato ricoverato in ospedale, pertanto, ritengo che i vari esami colturali su urine, escreato, sangue siano stati effettuati e di conseguenza sia stata iniziata la terapia antibiotica mirata.

    Il fatto che la febbre riprenda dopo qualche giorno dalla sospensione della cura, sembra dimostrare che una certa componente infettiva sia ancora in atto e deve essere ancora una volta ricercata.

    La trasfusione di sangue non è responsabile della febbre se non nelle primissime ore dall’infusione, come effetto avverso.

    La neoformazione intestinale riscontrata potrebbe avere un ruolo solo se ne fosse dimostrata la natura neoplastica.

    Il consiglio è quello di sospendere tutta la terapia antibiotica per circa una settimana e ricominciare da capo ricercando la fonte dell’infezione su urine, escreato, sangue, feci e effettuando i vari tamponi. Effettuando se necessario anche una eco-cardiografia nel sospetto di una endocardite batterica. Il ricovero in ospedale fornirebbe un valido aiuto nell’inquadramento del problema.

    L’intervento al colon potrebbe essere effettuato una volta effettuata una diagnosi istologica e una valutazione dei rischi chirurgici e anestesiologici.

    Distinti saluti.

    Prof. Riccardo Volpi

    Riccardo Volpi

    Riccardo Volpi

    Professore associato di medicina interna all’Università degli Studi di Parma. Nato a Parma nel 1952, si è laureato all’Università degli Studi di Parma dove si è anche specializzato in endocrinologia e malattie del ricambio e in medicina interna. È responsabile dell’ambulatorio di endocrinologia e andrologia medica al dipartimento onco-emato-internistico dell’azienda ospedaliero-universitaria di Parma.
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