Frattura somatica recentissima L1

    DOMANDA

    Gentilissimo dottore
    A seguito di un tuffo in acqua dall’altezza di 7 metri mi è stato diagnosticato una fratture da compressione della L1.
    Il risultato della TAC è il seguente:
    Frattura somatica recentissima di l1 con infossamento irregolare della limitante superiore, affastellamento trabecolare, coinvolgimento del muro anteriore e minimo bombè del muro posteriorr cranialmente verso il canale rachideo.
    Estensione fratturative intrasomatica anche caudale fino quasi alla limitante inferiore minimamente avvallata ma non significativamente interrotta.
    Arco posteriore integro
    Non protrusioni discali
    Conservata ampiezza del canale vertebrale.

    Mi è stato prescritto un riposo a letto per 30 giorni alzarmi con bustp rigido solo per andare in bagno o mangiare. Inoltre sto utilizzando la terapia magnetica: tramite un apparecchio che si chiama OSTEOSPINE 8ore/gg.
    Vorrei chiedere suo parere per la diagnosi. In piu vorrei far presente che i dolori dopo una settimana dall’incidente (08.02.2017) sono quasi spariti, pero da ieri sera che sento una pressione sul fondo schiena e una leggera pesantezza sulla gamba destra: è normale? Xke magari sono sempre sdraiata?
    Secondo lei questa frattura è stabile? Non necessita intervento? E dopo quando posso tornare al lavoro? Vorrei tornare il prima possibile, poichè copro un ruolo abbastanza importante.

    Grazie in anticipo.

    RISPOSTA

    Nel caso di una frattura recente viene prescritto il riposo a letto oppure il corsetto o il gesso secondo il giudizio del medico.
    • Nei pazienti relativamente giovani (fino a 50-55 anni), con gravi cedimenti di uno o più corpi vertebrali, di solito viene prescritto un riposo a letto più prolungato (fino a 30 giorni).
    • Nei soggetti più anziani con lievi cuneizzazioni, viene prescritto un periodo di riposo a letto  più breve e viene consentito di alzarsi, con la protezione di un corsetto per andare ai servizi.
    Durante il periodo di riposo a letto prolungato è importante il mantenimento di posture che conservino le curve fisiologiche e imparare le tecniche corrette per cambiare posizione, per alzarsi e distendersi senza dolore.
    In particolare, in posizione supina è bene porre un piccolo cuscino o un ascigamano arrotolato dietro la regione lombare, in modo che mantenga la benefica lordosi (tale supporto deve essere posto in corrispondenza dell’ombelico)
    Inoltre, è importante alimentarsi in modo leggero e appropriato e controllare la regolarità della funzione intestinale. Stando distesi a letto è importante eseguire con costanza i primi esercizi che permettono di ridurre gli effetti dannosi dell’inattività prolungata:
    – movimenti lenti degli arti superiori e inferiori che stimolano la circolazione;
    – contrazioni isometriche dei muscoli degli arti inferiori per mantenere il loro trofismo;
    – esercizi di ginnastica respiratoria, abbinati ai movimenti degli arti.
    Trascorso il periodo di riposo a letto è indispensabile l’utilizzo di un corsetto ortopedico. Viene prescritto un corsetto rigido in presenza di dolore intenso e quando i cedimenti vertebrali sono più gravi.
    Invece, può essere sufficiente un corsetto semirigido, quando, in età più avanzata, le deformazioni e i dolori non sono gravi.
    Ritornare in piedi è molto importante perché permette di eliminare il fattore di rischio più importante per l’osteoporosi che è l’assenza di carico. Infatti, le ricerche hanno evidenziato che nel riposo a letto prolungato gli esercizi a letto anche se eseguiti regolarmente non riescono a contenere la perdità di massa ossea: alzarsi da letto, sottoponendo il corpo al carico gravitario, permette di fermare il processo di demineralizzazione a cui si era costretti per la riparazione della frattura ma dannoso per la perdita di massa ossea.
    Di conseguenza il corsetto in questa fase è molto importante, perché permette il ritorno in carico sostenendo e proteggendo la colonna vertebrale nella graduale ripresa delle attività quotidiane.
    È importante che il paziente conosca le funzioni del corsetto:
    – proteggere passivamente la colonna mantenendo la curve fisiologiche;
    – ridurre il carico meccanico sui corpi vertebrali per favorire la completa riparazione della frattura;
    – ridurre la presione sui dischi intervertebrali e ridurre il dolore;
    – migliorare passivamente il controllo neuromotorio e permettere di eseguire i movimenti quotidiani con più sicurezza;
    – limitare la mobilità del rachide e, in particolare, ostacolare i movimenti dannosi di flessione e rotazione.
    Naturalmente va precisato che l’uso del corsetto è utile per un periodo limitato: il suo uso prolungato provoca debolezza muscolare, aggravamento dell’osteoporosi e rigidità articolare.
    Inoltre, occorre ricordare che alla rimozione del corsetto dovrà muoversi come se lo avesse ancora, proteggendo la sua colonna attivamente, cioè con un corsetto muscolare.
    Alla rimozione del corsetto, nel periodo in cui viene abbandonato gradualmente, è fondamentale un buon programma di rieducazione funzionale per permettere al soggetto di ridurre il dolore, stabilizzare attivamente il rachide con un corsetto muscolare ed eliminare completamente il tutore ortopedico.
    Il programma rieducativo nei postumi di frattura, deve evitare i carichi sul rachide e, di conseguenza, viene eseguito esclusivamente in scarico.
    Occorre evitare la mobilizzazione del rachide dorsolombare in flessione, in rotazione e in flessione laterale e privilegiare posture che mantengono una lieve estensione.
    Sono fondamentali gli esercizi di educazione posturale per acquistare la capacità di mantenere le curve  fisiologiche  nelle posizioni e nei movimenti quotidiani.
    Una volta raggiunta la capacità di mantenere il rachide in posizione neutra eseguire gli esercizi per imparare a stabilizzare la colonna attivamente, in modo da poter rimuovere il corsetto senza problemi.
    Quando il corsetto è stato rimosso completamente e i dolori si sono attenuati si intensifica il programma rieducativo, inserendo anche gli esercizi in carico.
    Si inizia a mobilizzare dolcemente la colonna vertebrale per prevenire la sindrome da disfunzione che è tipica di chi ha subito una frattura ed è rimasto a lungo immobilizzato.

    Cordiali saluti.
    Benedetto Toso