Hikikomori, paroxetina e possibile inizio di una nuova vita

    DOMANDA

    Gentile dottor Cavedini,
    sono un uomo di 33 anni. Io soffro, molto probabilmente, di fobia sociale. Per questo “male”, vivo una vita isolata e piena di paure. Inoltre, sono senza lavoro. A causa di tale problema, ho pensato di rivolgermi ad uno psichiatra però, c’è qualcosa che ancora mi frena. Una delle mie maggiori paure è questa: che il farmaco (presumo la paroxetina), mi induca a compiere azioni che non attuo sia per freni morali sia perché contrari alla mia volontà. Tenga presente che per non compiere tali atti “immorali” richiedo spesso il controllo da parte di una persona di fiducia. Dunque, come può ben intendere, anche l’ossessione di ciò che potrei fare io, oltre al timore degli altri, mi affligge. La mia domanda, probabilmente sciocca, sulla pericolosità del farmaco nasce dall’idea che i suoi principi attivi allenterebbero i miei freni inibitori facendo anche svanire certe forme ossessive per le quali trovo, comunque, rassicurazioni. Temo di non avere speranze. Ho paura che, tra qualche anno, mi ritroverò solo, senza lavoro a chiedere l’elemosina. È il mio incubo in una società come questa, spietata, sempre pronta a giudicare e a scartare chi non ha un rispettabile curriculum. Io vorrei smettere di essere un hikikomori e, anche grazie ad una certificazione psichiatrica, vorrei entrare nel mondo del lavoro. Ma i tempi sono bui!
    Scusandomi per il disturbo, e aspettando una Sua gradita risposta, La saluto molto cordialmente.

    RISPOSTA

    Buongiorno, come prima cosa le consiglio una valutazione psichiatrica finalizzata ad una corretta diagnosi poichè non necessarimente il diasagio sociale compare solo in quella che usualmente si chiama “fobia sociale”. A volte i quadri clinici sono più complessi e un corretto inquadramento è il punto di partenza di una corretta terapia. L’uso di farmaci specifici non deve essere temuto sopratutto se dati in modo corretto (per dosaggio e molecole) da uno specialista. Lo scopo di una terapia, infatti, non è quella di disinibirla ma di aiutarla a vivere diversamente le proprie paure e, quindi, a superarle. In tal senso può affidarsi, oltre alla terapia farmacologica, anche alla psicoterapia cognitivo-comportamentale che, rispetto ai sui timori, può esserel di estremo aiuto. Cordialmente

    Paolo Cavedini

    Paolo Cavedini

    DESPERTO IN DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI E DIPENDENZE COMPORTAMENTALI Nato nel 1965, laureato in Medicina all’Università degli Studi di Milano e specialista in Psichiatria dal 1997. Nel 2009 ha conseguito il Dottorato di Ricerca alla School of Mental Health and Neuroscience dell’Università di Maastricht. Dopo diversi anni trascorsi presso l’Ospedale San raffaele di Milano, è attualmente vice […]
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