interrompere una psicoterapia

    Pubblicato il: 3 Gennaio 2013 Aggiornato il: 3 Gennaio 2013

    DOMANDA

    Buongiorno, sono in terapia da una psicoterapeuta psicoanalitica da 2 anni. E’ una persona molto accogliente, ciò nonostante, tirando le fila di questi 2 anni, non ho riscontrato alcun tipo di miglioramento della mia situazione. So che l’analisi non fa diagnosi, che non dà tempistiche, che è un processo molto lungo e che dipende dalle “resistenze”. A me sembra però un’eternità…tanti spunti di riflessione su di me, ma nessun cambiamento, nessun riscontro. E’ per questo che ho deciso di interrompere. Lei ritiene che 2 anni a seduta settimanale siano troppo pochi per avere almeno un minimo di riscontro nella propria vita? Grazie per l’attenzione, Monica

    RISPOSTA

    Gentile Monica, la domanda che pone è chiara e lineare, ma è molto difficile dare una risposta. Provo a fornirle una risposta “a blocchi tematici” che, nel complesso, dovrebbero soddisfare la sua richiesta.
    Oggi, parlare di “psicoanalisi” è arduo. Quella che lei sta facendo è, propriamente, una psicoterapia psicoanalitica: molti “meccanismi” sono uguali o simili alla psicoanalisi classica, altri sono diversi. Ma la stessa psicoanalisi può essere condotta con stili molto differenti che, in buona parte rispondono alle idee teoriche del professionista, ma anche al tipo di persona che lui/lei è.
    La terapia analitica a 1 seduta a settimana, nonostante sia oggi parecchio diffusa, è da vedere come un intervento abbastanza soft. Non è che con questo voglio dire che si dovrebbe andare in analisi 5 volte, o 6, a settimana, come si faceva ai tempi di Freud. Sarebbe improponibile! Però la cadenza, il tipo di intervento – ad esempio: avere un atteggiamento attivo, da parte del terapeuta, o soprattutto ricettivo – incidono molto. Su cosa incidono? Sulla “psicopatologia” (mi permetta di chiamarla così, considerando il fatto che siamo tutti un po’ nevrotici.) del paziente.
    Lei dice giustamente che l’analista non fa diagnosi. Anche su questo non tutti sono d’accordo (ci sono anche libri tradotti in italiano su questo tema, come l’eccellente “La diagnosi psicoanalitica”, della Nancy McWilliams). Io personalmente non sono d’accordo: prima di iniziare una qualunque “terapia” è necessario fare una diagnosi, rendersi conto di come stanno le cose. Quindi, anche la cadenza delle sedute – ma persino il genere di psicoterapia – dovrebbe essere collegato alla diagnosi iniziale. Inoltre, se è vero che la psicoanalisi in senso stretto non offre tempistiche, diverso è il caso della psicoterapia analitica – presumo condotta con colloqui faccia a faccia (cioè non con l’uso del lettino) -.
    Infine, si deve vedere la faccenda dal punto di vista della persona che va in terapia. Nessun risultato in 2 anni? Se questo è sicuro e la sua profonda sensazione è di perdere tempo, forse non vi è stato un buon “incontro analitico”. Un anziano analista romano diceva che la coppia analitica procede fin dove può: cioè dipende da entrambi, dalla loro relazione. Un analista disponibile e gentile può non funzionare, anche se l’essere accoglienti è sicuramente una dote umana, prima che professionale, necessaria per fare questo tipo di lavoro. Però talvolta l’incontro con un altro genere di analista, un po’ scorbutico e sbrigativo, può far scattare dinamiche mentali che altrimenti sarebbero rimaste sopite. Quindi, una domanda da farsi è: come ha scelto il suo analista? E’ stata una sua scelta? E ancora: ha detto a questa persona cosa prova e pensa di lei? Avete parlato della sua sensazione di non fare progressi? E cosa ne è venuto fuori?!?
    Avrà compreso che, da lontano, non è possibile dare una risposta netta alla sua domanda. Sono troppe le variabili in gioco. Potrei continuare a darle altri spunti, ma non credo che gioverebbero a far chiarezza sul quadro. In ogni caso, se i suoi problemi – quelli per i quali è andata in terapia – non sono risolti, le consiglierei di non fermarsi qui, ma di continuare a cercare il giusto aiuto per venirne fuori.
    Cari saluti ed auguri di un Buon 2013,
    Andrea Castiello d’Antonio

    Andrea Castiello Dantonio

    Andrea Castiello Dantonio

    PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA. Professore di psicologia del lavoro e delle organizzazioni presso l’Università Europea di Roma, è nato a Roma nel 1954, si è laureato in psicologia con lode. Psicologo e psicoterapeuta, si occupa di psicologia clinica, psicoanalisi, psicologia del lavoro e psicologia giuridica. È consulente tecnico d’ufficio del Tribunale di Roma. Curatore della collana […]
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