DOMANDA
Buongiorno,
ho 47 anni e sono affetta da ipoacusia neurosensoriale bilaterale;all’età di circa 25 anni ho iniziato a soffrire di acufeni con successiva perdita dell’udito inizialmente intorno a 30 db fino ad arrivare attualmente ad una perdita di ca 60-70db.Mi sono rivolta a diversi specialisti nella mia regione (Toscana) ma nessuno è riuscito a scoprire le cause di questo deficit e l’unica cura che mi è stata consigliata è la protesi acustica;io ne ho provate 2 in tempi diversi ma ho dovuto abbandonarle perchè i disagi che mi procuravano erano più dei benefici.Ho eseguito i seguenti esami che non hanno evidenzianto niente:
ecocolor del collo, rx cervicale, rm cranio encefalica, rm encefalo e tronco encefalico con mdc,angio rm distretto vascolare intracranico.
Ho provato a seguire dieta iposodica ma non ha portato nessun miglioramento;mi sono rivolta ad uno specialista in genetica, dai prelievi di sangue non è risultato che sia di origine genetica;mi sono allora rivolta ad un immunologo e,da circa 5 anni,ho scoperto di essere affetta da sclerodermia e sono seguita dal Reparto di Reumatologia dell’AOU Careggi a Firenze,i medici hanno escluso che la ipoacusia sia una conseguenza della sclerodermia;aggiungo anche che sempre eseguendo indagini ho scoperto di avere la LAC positiva e sto prendendo la cardioaspirina.
Questo deficit uditivo mi crea molte difficoltà nella vita quotidiana,vorrei sapere il suo parere
grazie per l’ attenzione,cordiali saluti
Sandra Pucci
RISPOSTA
Gentile Sig.ra Pucci,
effettivamente la sclerodermia, malattia autoimmunitaria, ha manifestazioni prevalentemente a carico della pelle e del sottocutaneo. Presenta tuttavia positività per il LLAC, ragione che ha suggerito la terapia con Cardioaspirina.
Ipotizzare che l’autoimmunità, in assenza di mutazioni genetiche (almeno quelle a noi note), possa aver determinato l’ipoacusia non mi sembra ipotesi da negare in partenza.
Resta il dato che la terapia per la patologia autoimmunitaria non ha sortito benefici. Le ipoacusie neurosensoriali (cioè della coclea) presentano la caratteristica di non regredire tranne nei primi giorni di insorgenza.
L’ipotesi di una buona protesizzazione resta quindi la prima scelta. La qualità della protesizzazione dipende essenzialmente dal tipo di perdita di udito e da alcune altre caratteristiche determinabili con test audiometrici particolari (chiamati sopraliminari preprotesici). Per esperienza personale, spesso una soluzione ragionevolmente accettabile può essere trovata, eventualmente seguendo il paziente anche dopo la protesizzazione ed “abituandolo” a portare le protesi in modo progressivo. Altre soluzioni debbono essere valutate singolarmente in base ai vari test e necessariamente discusse a voce.
Porgo distinti saluti.
Roberto Teggi