DOMANDA
Gent.mo Dottore,La contatto per mia mamma di anni 61;sopravvissuta ad un k mammario nel 2005,ora sta lottando contro un adenocarcinoma polmonare con metastasi ossee scoperto nel 2010.Dopo 3 cicli di chemio,dal 2011 sta assumendo il Tarceva e mamma è restata stazionaria da allora!Purtroppo da Marzo 2014 ha iniziato ad accusare un dolore alla gamba,rivelatosi una metastasi sempre polmonare;al momento ha da poco terminato 5 radioterapie e siamo in attesa di un intervento conservativo in quanto rischia la frattura del femore.Ecco di dubbi:un primario ha sentenziato che il Tarceva ha perso effetto e che sarebbe opportuno riprendere la chemioterapia mentre il secondo primario asserisce che il Tarceva ha soltanto iniziato a perdere efficacia ma che lo si deve continuare ad assumere magari in associazione con lo Zometa!Premesso che sia io che mia mamma siamo d’accordo nel non ricominciare con le chemio, sono a chiederle un parere riguardo questi punti:
1.Secondo lei il Tarceva è bene continuare ad assumerlo?Non si potrebbe passare all’ Afatinib a questo punto?
2.So che lo Zometa può provocare seri danni tipo la necrosi mandibolare,soprattutto se la terapia viene fatta a lungo;con una singola lesione alle ossa,secondo lei,non sarebbe il caso di fare una valutazione costi/benefici?Non lo trova prematuro e rischioso ora?E comunqe non sarebbe meglio assumere il Denosumab invece dello zometa?
3.Lei è a conoscenza di qualche protocollo sperimentale(o immunoterapia)adatto?
Grazie mille.
RISPOSTA
Gent.ma signora,
Lei pone domande assolutamente pertinenti e sensate. Provo a darle qualche risposta anche se occorrerebbe ovviamente avere più informazioni cliniche per essere più precisi:
1) la questione relativa alla prosecuzione del Tarceva è molto discussa e non c’è una decisione sicuramente giusta. E’ vero che probabilmente Tarceva continua ad essere efficace anche dopo i primi segni di progressione ma non è del tutto chiaro oggi quando sia il momento migliore per passare ad altro. Afatinib non è un’alternativa. Sarà registrato per la prima linea ed è scarsamente efficace nella seconda linea.
3) Oggi si tende a cercare di capire quale mutazione ha provocato la resistenza a Tarceva perchè sono allo studio inibitori specifici della mutazione più comune (la T790). Forse quindi, in caso di resistenza confermata a Tarceva, la scelta migliore sarebbe quella di afferire ad una sperimentazione con uno dei nuovi inibitori (ciò probabilmente richiederà una nuova biopsia). Le sperimentazioni sono oggi aperte anche in diversi centri italiani.
2) Anche riguardo l’uso di Zometa ha ragione. Tuttavia anche Denosumab provoca osteonecrosi mandibolare, non è quindi un’alternativa. Io ritengo che la scelta più saggia sia di sospendere il trattamento dopo 2 anni di terapia.
Un cordiale saluto