Predisposizione al diabete ed eugenetica

    Pubblicato il: 16 Maggio 2010 Aggiornato il: 16 Maggio 2010

    DOMANDA

    Illustre dottoressa Tonelli, sono un ragazzo 32enne affetto da diabete di tipo 1 dalla tenerissima età di 5 anni, e pure entrambi i miei fratelli maschi lo sono, anch’essi dall’infanzia. Nella nostra famiglia, tuttavia, si ha notizia solo di una lontana cugina da parte di madre affetta da diabete mellito di tipo 1. Io sono terrorizzato all’idea che, se un domani avrò dei figli, potrebbero ammalarsi di diabete come me. E’ possibile selezionare gli smermatozooi non portatori della malattia da poter poi utilizzare per la fecondazione assistita? In Italia è possibile una pratica del genere? E se non lo è, in Europa c’è qualche Paese che lo consente? Eventualmente, esistono esami che possano diagnosticare la predisposizione genetica del nascituro al diabete? Cordiali saluti.

    RISPOSTA

    Il diabete di tipo 1 è una malattia di tipo autoimmune dovuta all’azione combinata di più geni. E’ infatti considerata una malattia poligenica.
    Il fatto però di essere portatori degli alleli che determinano la malattia non significa che l’individuo sviluppi sicuramente il diabete. Si parla infatti di predisposizione. Nella popolazione italiana il rischio di ammalarsi di diabete è dell’ordine dello 0,3%. Se un individuo è portatore di mutazioni nei due geni riconosciuti attualmente come più “a rischio”, la possibilità di ammalarsi aumenta, ma non supera, comunque, il 16%. Il rischio per un gemello monozigote (identico) di un soggetto con diabete di tipo 1 è invece intorno al 40%. Se si tratta di fratelli, sorelle o di figli di un papà diabetico, il rischio è pari al 6%.
    Per rispondere quindi alla sua domanda, oggi si conoscono alcuni geni responsabili della malattia, altri potrebbero essere scoperti in futuro. Avere però queste mutazioni non significa però sviluppare la malattia. I dati dicono che da un padre diabetico il figlio eredita un rischio pari al 6%. La ricerca prosegue e presto speriamo di avere diagnosi sempre più precoci e terapie sempre più efficaci.