Problemi con il cibo, che fare?

    Pubblicato il: 23 Giugno 2011 Aggiornato il: 23 Giugno 2011

    DOMANDA

    Stimato Prof. Mian, ho 56 anni e bene o male ho sempre avuto un brutto rapporto con il cibo.4 anni di psicoterapia per problemi di ansia, ora risolta e 8 sedute da una specialista del metodo Nardone non sono ancora riusciti a risolvere il problema. Da circa 8 mesi sono nel periodo negativo, ad esempio oggi a pranzo ho mangiato 300 gr. di semolino con il pesto e 250gr di biscotti. Fra un’ora avrei il coragio di mangiare 6-7 panini con il caffelatte e magari 15-20 cioccolatini. Le sembra una cosa normale? Inutile dire che quando vivo questi periodi mi odio mi odio mi odio, mi vedo bruttissima, grassa e chi più ne ha più ne metta. A nulla valgono i vari rimedi omeoepatici o fitoterapici. Cosa posso prendere o fare per sentirmi lo stomaco e l’anima sazi? H 165 Kg 63. Per 3 anni mi ero stabilizzata sui 53-55, facendo anche parecchie abbuffate.Non faccio una vita sedentaria.Sono orientata verso i dolci e mangio anche molto pane, 500gr al dì.continuo a lottare o rinuncio?

    Un sincero grazie di cuore

    RISPOSTA

    Gentile Sig.ra,

    comprendo perfettamente quanto mi riferisce, ed è comune a coloro che soffrono di un Disturbo del Comportamento Alimentare con la presenza di altre problematiche associate (comorbilità come diceva Feinstein nel 1970).

    Tipici sono gli “alti e bassi” dovuti al fatto che un disturbo alimentare non investe solo il cibo, ma anche le emozioni, il corpo e l’idea riguardo la propria persona e le proprie capacità.

    Le consiglio di continuare a lottare, perchè proprio quando siamo più vicini all’uscita dal problema, esso appare più grande e insuperabile.

    Sono solito dire che il momento più buio è quello che precede l’alba e che solo cadendo si comprende se il percorso che stiamo facendo sia quello in grado di farci rialzare.

    Cambi strada, e se reputa non sia quella giusta, cambi ancora.

    Ha ancora tutto il tempo.

    Rimedi fitoterapici ed omeopatici per un disturbo del comportamento alimentare, francamente non mi sembrano la “prima scelta”, e andrebbe indagato maggiormente il bisogno di carboidrati e di zuccheri da parte di chi l’ha in cura.

    Andrebbe inoltre monitorato il periodo che sta vivendo e giungere ad una analisi dei cosiddetti “trigger” cioè gli interruttori che si innescano quando lei si alimenta in questo modo.

    Non mi sembra (da quanto posso evincere dal suo scritto) che il suo caso sia gestito in un contesto multidisciplinare (psicologo-psichiatra e dietista) oltre a non essere stata svolta la parte psicoeducativa riguardo l’approccio con gli alimenti, i sintomi da digiuno ed i comportamenti, come detto poc’anzi, che possono stimolare gli episodi bulimici (le abbuffate per intenderci).

    Se così fosse, le consiglio di chiedere le motivazioni a chi l’ha in cura.

    Buona vita

    Dr. Emanuel Mian, PhD

    Psicologo

    Dottore di Ricerca in Neuroscienze