DOMANDA
gentilissimo professore ho 32 anni e il mese di maggio dell’anno scorso dopo un incidente mi è stata diagnosticata una frattura scomposta del terzo distale di tibia e perone curata con l’applicazione di mezzi di sintesi interni(placche e viti).Dall’ultima radiografia(gennaio 2012)risultava formato il callo osseo. Continuando ad avere dolore e gonfiore e rilevando un peggioramento riconsulto,a marzo l’ortopedico il quale, dopo aver effettuato una ecografia nota un eccesso di liquidi tra i tessuti molli e la presenza nella zona tibiale di un versamento,la biopsia del liquido è risultata negativa per infezioni.Anche le analisi effettuate lo scorso 2 aprile non davano segni d’infezione (ves:14 PCR:3 ;valori di riferimento 20 e 5).Decido di togliere i mezzi di sintesi dalle analisi preoperatorie effettuate il 28 Aprile (ves:43 PCR:4.7 ;v. di r. 35 e 3). Il 3 maggio vengo operata per rimuovere placche e viti e si riscontra una decalcificazione della tibia quindi rimozione dei mezzi di sintesi e prelievo del tessuto microbiologico, dopo 5 giorni un successivo intervento applicazione del fissatore esterno e di nuovo esame microb. che conferma l’infezione da staphylococcus epidermidis. La terapia antibiotica prescritta prevede linezolide 600 mg e rifampicina 300 mg ogni 12 ore tutto via orale.Secondo lei è una buona terapia? non sarebbe meglio usare l’antibiotico per via endovena? come è possibile che fino a un mese prima dell’oper non vi erano segni dell’infezione? grazie in anticipo
RISPOSTA
Avrei potuto essere più preciso se avessi conosciuto l’antibiogramma del batterio isolato. E’ corretto sottoporre un paziente nella sua situazione alla terapia orale che le hanno prescritto. Le finalità per cui lei prende gli antibiotici non prevedono la somministrazione per via endovenosa. Le infezioni da Gram positivi – soprattutto in seguito ad interventi come il suo – possono essere complesse da eradicare e quindi è giusto non correre rischi.