Psicofarmacologia

    DOMANDA

    Gentilissimo prof. Rizzardo,
    sono uno studente di Medicina alle prese con l’appassionante ( almeno per me 🙂 ) esame di farmacologia. Studiando la trasmissione serotoninergica apprendo che farmaci come il BUSPIRONE hanno attività ansiolitica dovuta all’agonismo parziale sul recettore 5-HT1A (tale azione comporta una riduzione della frequenza di scarica dei neuroni serotoninergici dei nuclei del rafe e conseguentemente una generale depressione del sistema serotoninergico del SNC). I Farmaci antidepressivi, in particolare SSRI, inibiscono la ricaptazione della serotonina bloccandone il trasportatore (SERT) sul neurone presinaptico serotoninergico, il che comporta l’aumento del neurotrasmettitore nel vallo sinaptico e provoca, nel giro di 2 settimane circa, la desensitizzazione degli autorecettori 5HT1A (i principali responsabili dell’inibizione della trasmissione serotoninergica, quest’ultima verosimilmente alla base della crisi depressiva).
    Il mio dubbio è relativo a tale aspetto (per me contradditorio): i sintomi ansiosi che il paziente depresso esperisce, a quale meccanismo patogenetico sono ascrivibili? Al calo della trasmissione serotoninergica – vedi SSRI – o ad una sua alterazione più complessa (visto che un “ipertono” della trasmissione serotoninergica si associa ad ANSIA – vedi BUSPIRONE)?
    Attendo fiducioso una sua delucidazione a riguardo.
    La ringrazio anticipatamente per l’attenzione che vorrà dedicarmi.
    Saluti.

    RISPOSTA

    Le rispondo da clinico e non da farmacologo. Sul ruolo della serotonina in vari disturbi si hanno numerose informazioni che devono conciliare due realtà diverse: le manifestazioni cliniche e i dati di laboratorio. Le prime consentono raggruppamenti diagnostici prevalentemente convenzionali, come disturbo depressivo o disturbo d’ansia, la cui validità è alquanto debole, i dati di laboratorio di psicofarmacologia (la cui validità può essere più solida) devono essere compatibili con la clinica. E’ a questo punto che si possono riscontrare contraddizioni che clinici e farmacologi cercano di conciliare con teorie (ipotesi di lavoro) spesso provvisorie e incomplete; è il caso del buspirone per la cui doppia azione, ansiolitica e antidepressiva, si è ipotizzato che in presenza di un eccesso di serotonina (nell’ipotesi, causa dello stato ansioso) il farmaco agisca riducendone l’effetto, mentre in carenza di serotonina (nell’ipotesi, causa dello stato depressivo) ne aumenti l’azione. Va detto tuttavia che i diversi recettori per la serotonina sono coinvolti in azioni diverse e che altri neuromediatori a loro volta interagiscono con la serotonina. E’ chiaro dunque che la situazione è estremamente complessa e non tutto si può spiegare.

    Renzo Rizzardo

    Renzo Rizzardo

    ESPERTO IN DISTURBI DELL’UMORE E D’ANSIA. Già professore a contratto di psichiatria all’Università di Padova. Nato a Basiliano (Udine) nel 1946, si è laureato e specializzato in psichiatria a Padova. È stato responsabile del centro di salute mentale dell’Università di Padova e coordinatore regionale per il Triveneto della Sirp (Società italiana di riabilitazione psicosociale). Si […]
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