Richiesta consulto – Leucemia Linfatica Cronica

    DOMANDA

    Buongiorno Dottore,
    le scrivo per chiederLe cortesemente quanto indicato in oggetto.
    Mia madre, settantaseienne, nel 2010 ha scoperto di essere affetta da leucemia cronica linfatica, c/o il reparto di ematologia del II° Policlinico di Napoli.
    Nello stesso anno anche l’ IRST di Meldola ha confermato la diagnosi, aggiungendo anche la seguente dicitura – IMMUNOFENDTIPO COMPATIBILE CON LEUCEMIA LINFOCITICA CRONICA – B.
    Nel 2012 è stata sottoposta ad un ciclo di chemioterapia a seguito di un innalzamento dei globuli bianchi 15.5 e dai risultati della PET TAC, presso il II° Policlinico di Napoli. Terapia effettuata:
    – 1° ciclo: 7-8-9 Marzo 2012
    – 2° ciclo: 4-5-6 Aprile 2012
    – 3° ciclo: 2-3-4 Maggio 2012
    – 4° ciclo: 30-31 Maggio 2012 e 1 Giugno 2012
    – 5° ciclo: 27-28-29 Giugno 2012
    – 6° ciclo: 1-2-3 Agosto 2012
    In aggiunta, da casa, anche:
    – MYELOSTIM 34ml – Una fiala per 3 giorni dopo ogni ciclo di che mio;
    – NEORECORMON 30.000 UI – Una fiala ogni 7 giorni.
    Dai primi giorni di luglio del 2014, ha perennemente febbre alta, perdita di peso e mancanza d’appetito. Dal 28 luglio è ricoverata al Cotugno di Napoli e ieri mi hanno comunicato che presumono che si tratti di un avanzamento della leucemia, avendo evidenziato presenza di linfonodi nell’addome di dimensioni leggermente superiori alla norma.
    A questo punto, come mi consiglia di procedere?
    Dove mi consiglia di ricoverarla eventualmente?
    Certo di un suo immediato riscontro, la ringrazio anticipatamente.

    RISPOSTA

    Buongiorno.
    Anche se nella sua dettagliata relazione non fa riferimento al tipo di chemioterapia utilizzata, penso si tratti dell’associazione di rituximab, fludarabina e ciclofosfamide (R-FC), che attualmente rappresenta ancora lo standard di terapia di prima linea nella maggior parte dei pazienti. La scelta di trattate sua madre con chemioterapia non è stata probabilmente dettata solo dall’innalzamento dei globuli bianchi (modesto, a quanto mi ha scritto) e della presenza di adenomegalie: è molto probabile che sua madre già al momento della diagnosi presentasse fattori prognosticamente sfavorevoli, come ad esempio la citogenetica o la biologia molecolare. Ad ogni modo, da quanto scrive, non mi pare probabile che ci si trovi di fronte ad una progressione istologica tipo sindrome Richter, che in ogni caso dovrebbe essere confermata da una biopsia linfonodale. Potrebbe comunque trattarsi di una progressione, ma è necessario completare le indagini diagnostiche (ad es con una PET, oltre che con la TAC) ed escludere che ci si possa trovare di fronte ad una complicanza correlata all’immunodepressione indotta dalla precedente chemioterapia, come ad esempio una forma di malattia linfoproliferativa EBV-correlata (considerando anche la febbre persistentemente elevata) o qualche altra complicanza infettiva. Credo quindi che sia opportuno lasciare il tempo ai colleghi dell’ospedale Cutugno di completare le indagini diagnostiche.

    Cordiali saluti,

    Francesco Onida

    Francesco Onida

    Francesco Onida

    Professore Associato in malattie del sangue nel Dipartimento di Oncologia e Emato- Oncologia dell’Università Statale di Milano, lavora presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, dove è responsabile del Centro Trapianti di Midollo Osseo. Laureatosi in medicina e chirurgia nel 1995, si è poi specializzato in Ematologia nel 1999. Rientrato in Italia […]
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