Risvegli notturni

    DOMANDA

    Buonasera Dottore sono la mamma di una bimba di 9 mesi e mezzo nata a 41+5 con parto cesareo alimentata fino a 6 mesi esclusivamente con latte materno e ora con solidi e latte materno. Fino al quarto mese riuscivo ad alzarmi per allattarla e poi a rimetterla nel lettino suo accanto al mio letto dove continuava a dormire e così nelle altre poppate successive notturne ( in media tre a notte) . Dal quinto mese in poi e’ Sopraggiunta una forte stanchezza e anche a causa dell’inverno ho preferito allattarla distesa nel mio letto e dormire insieme a lei. I risvegli si sono fatti più frequenti alcune notti anche ogni ora ma basta darle il seno per qualche secondo tipo ciuccio che ovviamente non prende e io mi riaddormento insieme a lei. Il nostro sonno e’ Quindi molto interrotto. La prossima settimana torno a lavoro e mi spaventa molto dovermi svegliare in continuazione con presumibile perdita di concentrazione durante il giorno oltre al dolore di schiena per la posizione notturna sul fianco . Abbiamo provato a metterla nel lettino ma non ci siano riusciti per il pianto incessante . Durante il giorno si addormenta In braccio ai nonni che rimangono immobili per ore seduti pur di non svegliarla, e con me al seno oppure in macchina oppure nel passeggino. I pisolini durano max 45 minuti e sono uno la mattina uno il pomeriggio e a volte alle sette di sera crolla di nuovo . Come possiamo uscire da questa situazione e riuscire a fare almeno tre ore di sonno affilate ?

    RISPOSTA

    Cara Signora, il problema nasce da una serie di cattive abitudini che il bambino ha preso. Il condizionamento dell’addormentamento con il ciuccio e probabilmente l’eccessiva attenzione ha creato una dipendenza e una errata associazione con il sonno. Il seno ha ovviamente perso la sua funzione primaria e viene usato come ciuccio e come consolazione.

    Se deve risolvere in tempi brevi, in relazione al suo rientro al lavoro può provare con la tecnica dell’estinzione o megiol dell’estinzione graduale.

    Deve abituare il bambino ad addormentarsi da solo. Deve staccarlo dal seno prima che sia completamente addormentato e metterlo nella culla e poi deve ritardare gradualmente il suo intervento quando il bambino si sveglia e la chiama.

    Ovviamente bisognerebbe valutare molte altre cose e per email o su internet non è possibile.

    Le posto qui sotto uno schema che potrebbe iniziare ad usare e vedere come va ed eventualmente poi rivolgersi ad un centro del sonno.

    Schema orientativo di rieducazione al sonno

    1. Creare un rituale all’addormentamento (es. salutare tutti i giochi, raccontare una favola, cantare la ninna-nanna, ecc.) perché il bambino associ una condizione piacevole all’inizio del sonno
    2. Il bambino va messo nel letto solo con pochi oggetti familiari che possono tranquillizzarlo durante i risvegli notturni
    3. Stare con il bambino fino a che questo è tranquillo; dite una frase che dovrà essere sempre la stessa, ad esempio: “Mamma ti vuole bene, ma da adesso tu imparerai a dormire da solo insieme ai tuoi peluche e ai tuoi giocattoli”
    4. Quindi lasciare la stanza, spiegando al bambino dove si va e perché (es. la mamma va in cucina a bere un po’ d’acqua e torna subito)
    5. Mentre siete fuori dalla stanza (e ogni volta che uscirete nelle fasi successive) parlate al bambino anche da lontano rassicurandolo che state tornando
    6. Se incomincia a piangere, lasciarlo piangere per un breve periodo (5-10 secondi) prima di intervenire
    7. Andare a rassicurare il bambino lasciandolo nel suo letto (se piange prendetelo in braccio e calmatelo, ma cercate poi di rimetterlo nel letto). Rimanete nella sua stanza fino a che si tranquillizza, interagite il meno possibile con lui.
    8. Lasciare di nuovo la stanza, spiegando ancora al bambino dove si va e perché (es. la mamma va in bagno e torna subito). Questa volta l’intervallo dovrà essere un pochino più lungo (20-30 secondi)
    9. Se incomincia di nuovo a piangere ritornare in stanza, rassicurare il bambino prendendolo in braccio o lasciandolo nel suo letto. Rimettetelo nel letto e rimanete nella sua stanza fino a che si tranquillizza, interagite il meno possibile con lui.
    10. Uscire dalla stanza con un’altra scusa e aspettare più a lungo (40-50 secondi) prima di intervenire nuovamente
    11. La prima sera si può decidere di aspettare fino a 1-2 minuti e poi lo si fa addormentare così come era abituato il bambino (ad es. cullandolo in braccio)
    12. Se possibile mettetelo nel lettino prima che sia completamente addormentato, altrimenti fatelo addormentare completamente e mettetelo nel lettino.
    13. La sera successiva si ripetono le stesse cose dal punto 1 al punto 12, allungando i tempi di ogni intervento di 10 secondi.
    14. Quindi la seconda sera si aspetta in totale fino a 3 minuti e poi lo si fa addormentare così come era abituato il bambino (ad es. cullandolo in braccio)
    15. La terza sera si aspetta in totale fino a 4 minuti e così via nelle altre sere.
    16. Lo stesso comportamento va tenuto per i risvegli notturni seguendo lo schema riportato nella tabella.

     

    Tempi di attesa durante i risvegli notturni prima di intervenire

    Giorno I risveglio II risveglio III risveglio Risvegli successivi
    1 10 secondi 15 secondi 20 secondi 25 secondi
    2 20 secondi 25 secondi 30 secondi 35 secondi
    3 30 secondi 35 secondi 40 secondi 45 secondi
    4 40 secondi 45 secondi 50 secondi 55 secondi
    5 50 secondi 55 secondi 60 secondi 65 secondi
    6 60 secondi 65 secondi 70 secondi 75 secondi
    7 70 secondi 75 secondi 80 secondi 85 secondi

    N.B.: i tempi di attesa descritti sono indicativi e possono variare in più o in meno; va analizzata la situazione logistica e ambientale (es. appartamento o villino isolato, tolleranza dei vicini, ecc.), la qualità della relazione madre-bambino e il livello di stanchezza dei genitori.

    Distinti saluti

     

    Oliviero Bruni

    Oliviero Bruni

    DISTURBI DEL SONNO NEI BAMBINI. Responsabile del Centro del sonno all’Università La Sapienza di Roma. Nato nel 1956 a Roma, si è laureato presso Università La Sapienza di Roma e si è specializzato in neuropsichiatria infantile nello stesso ateneo. Dirige l’unità operativa di neuropsichiatria infantile dell’azienda ospedaliera Sant’Andrea di Roma ed è ricercatore confermato alla […]
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