Sindrome di asperger, burn-out, ambiente di lavoro malsano, trasferimento

    DOMANDA

    Buongiorno dottore.
    Scrivo per chiedere un suo parere inerente la mia condizione di salute e lavoro.
    Vivo lontano da casa da 10 anni, da 1 anno e mezzo sono un dipendente pubblico in un ospedale del nord.

    Ho avuto notevoli problemi determinati dalla mia condizione dello spettro autistico, diagnosticata da medico neuropsichiatra del SSN ed il 55% di invalidità riconosciuto come definitivo dalla commissione territoriale.

    I problemi che sto avendo si possono riassumere nel dovermi rapportare con un ambiente di lavoro estremamente poco osservante del rispetto reciproco e tanto meno della mia condizione particolare.
    Ogni rapporto lavorativo è caratterizzato da una stabile arroganza e prevaricazione a danno dei sottoposti.

    Mansioni comunicate parzialmente, mettendomi quindi nella certezza di sbagliare e perdere tempo, comunicazioni erronee le quali, arricchite da informazioni e considerazioni futili mi portano puntalmente a dovermi recare nel reparto e chiedere a voce.
    Sacchetti di provette, farmaci e campioni, posta e referti forniti senza destinazione, nominativi, firme e compilazioni obbligandomi a numerosi giri a vuoto con, in alcuni casi anche 15km percorsi in un turno, di cui 5 inutili.

    Vorrei sapere cosa devo fare per obbligare l’istituto a rilasciarmi il nulla osta per il trasferimento ad altra asl del territorio nazionale.

    RISPOSTA

    Come spesso accade nei quesiti posti in questa rubrica, gli elementi forniti sono troppo scarsi per poter dare una indicazione utile. Il lettore non dice quanti anni ha, che lavoro fa, quando è stata fatta la diagnosi e quale è la sua attuale condizione.  La sindrome di Asperger è un disturbo dello sviluppo, con limitazioni dell’interazione sociale e problemi di comportamento. Ma se il lettore vive fuori casa da 10 anni, ha superato da un bel po’ l’età dello sviluppo. Quale è, dunque, il suo stato attuale? In quali punti tale condizione interferisce con il lavoro attuale, che non sappiamo quale sia? I comportamenti che egli denuncia, che sembrerebbero atti di bullismo o, peggio, parte di un mobbing strategico, sono documentati? In questo caso saremmo in un ambito tutelato dal Codice Penale, altro che “nulla osta al trasferimento”!

    Mi sono occupato più volte del mobbing e specificamente di casi in cui le vittime sono persone disabili. Una esperienza è riportata nel libro “Mobbing. Aspetti clinici, giuridici e organizzativi” edito da Piccin, Padova. Si tratta di casi di estrema gravità, nei quali spesso i servizi preposti alla tutela della salute non riescono ad esercitare appieno la propria funzione. In ogni caso, la procedura penale è una scelta molto sofferta. Raccomando al lettore di cercare tutti i modi per risolvere la situazione in accordo con i dirigenti aziendali.

    Nicola Magnavita

    Nicola Magnavita

    Dirigente medico di medicina del lavoro presso il Policlinico Gemelli, docente di medicina del lavoro all’Università Cattolica di Roma. Nato nel 1953, si è laureato in medicina nel 1977 e si è specializzato in medicina del lavoro nel 1980. È autore di oltre 500 articoli scientifici, su riviste nazionali e internazionali, e di 10 libri. […]
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