SINDROME DI HELLP

    Pubblicato il: 6 Luglio 2011 Aggiornato il: 30 Ottobre 2019

    DOMANDA

    Salve,

    ho 27 anni e nel luglio del 2009 ho avuto la sindrome di hellp a 26 settimane della mia gravidanza. Purtroppo la sindrome non è stata riconosciuta dal medico che mi ha visitata quella sera in ospedale e ha portato gravissime conseguenze: shock emorragico con danni al microcircolo degli arti superiori e inferiori con la conclusione di 7 amputazione alle dita dei piedi,danno permanente al nervo ottico dell’occhio sinistro e parzialmente a quello destro e ovviamente la morte del mio bambino.

    Grazie al cielo reni,polmoni e fegato hanno ricominciato a funzionare e dopo lunghe ricerche ho saputo che comunque posso riprovare a rimanere incinta,che sarò seguita in modo severo perchè il rischio che succeda ancora esiste ma volevo sapere qual’è il migliore ospedale a Milano che puo seguire una gravidanza cosi a rischio,quali sono i sintomi da non sottovalutare,c’è alcuna dieta particolare che mi puo aiutare..come posso seguire meglio una seconda gravidanza?

    RISPOSTA

    Gentile signora ,

    la sindrome di HELLP, da cui è stata colpita nella sua prima gravidanza, è una complicazione ostetrica grave, considerata una complicazione della pre-eclampsia, che viene così definita utilizzando l’acronimo formato dalle lettere inglesi iniziali delle caratteristiche cliniche più importanti: anemia emolitica (Hemolitic), Elevazione dei valori degli enzimi epatici (Liver), basso (Low) numero delle Piastrine. Non è una malattia rara, in quanto colpisce almeno una gravidanza ogni mille. In Italia e in Europa non esistono centri dedicati a questa patologia, che tuttavia può essere seguita da ostetrici attenti che non sottovalutino i segni tipici della sindrome. Di regola è bene fare riferimento ai centri ospedalieri/universitari con maggiori competenze ostetriche. Il trattamento d’elezione è il parto, eventualmente associato a trasfusioni di sangue.

    La causa della sindrome HELLP non è nota e pertanto non può essere prevenuta. Il rischio di ricorrenza nelle successive gravidanze è circa del 5%, in accordo con l’ipotesi che si tratti di una condizione multifattoriale, intesa come interazione tra fattori ambientali scatenanti e fattori di suscettibilità genetica.

    L’identificazione precoce, il trattamento farmacologico, l’adozione di stili di vita appropriati contribuiscono a controllare la malattia. La dieta (che deve essere bilanciata, con l’introduzione di quantità adeguate di calcio, frutta e vegetali, evitando l’eccesso di sale), l’esercizio fisico, la misurazione della pressione del sangue e le analisi ematologiche (esame emocromocitometrico, dosaggio degli enzimi epatici, studio della funzionalità renale e della coagulazione) al momento della comparsa dei primi sintomi sono utili a controllare la malattia e a prevenirne le complicanze.

    Cordiali saluti

    Bruno Dallapiccola