Sospetta patologia del pudendo

    Pubblicato il: 10 Dicembre 2015 Aggiornato il: 10 Dicembre 2015

    DOMANDA

    Gentile Dr Crotti,

    circa 4 mesi fa ho riportato una frattura della 5 vertebra sacrale; sono stata a riposo clinicamente benino ma non ho mai recuperato del tutto presentando dolore ai mimini sforzi ed in piedi ferma.

    Per questo motivo a 3 mesi della frattura ho eseguito RMN e successivamente una tac della zona che ha messo in evidenza la consolidazione della frattura anche se la vertebra risulta deformata e lievemente alterati i rapporti con il coccige.

    Purtroppo però da circa 15 giorni è improvvisamente comparso dolore forte cupo interno nella zona associato anche a parestesia, tenesmo rettale, formicolio che non risponde agli analgesici né al cortisone.

    Insomma il sospetto sembrerebbe essere un intrappolamento del pudendo o cmq un infiammazione dello stesso per cui mi è stato proposto trattamento con pregabalin.

    Io però vorrei essere più sicura della diagnosi e capire qualche approccio terapeutico è più valido: medico, chirurgico( se esiste)e/o radiologico interventista.

    Sono molto preoccupata e le sarò molto grata sia per indicazioni mediche sia logistiche (in quale centro mi devo rivolgere?)

    Cordiali saluti

    RISPOSTA

    sicuramente il trauma ha comportato una sofferenza per compressione delle vie nervose S5. Specifico perchè i disturbi su esposti sono neurogeni, non solo il dolore ma anche le disfunzioni. Ma il tratto di vie nervose lese è, in rapporto con i disturbi detti, tutto da indovinare. Infatti il tratto leso può essere stato a carico delle radici S5, dei nervi spinali S5, del plesso pudendo, infine, di un singolo tronco pudendo oppure di ambedue i tronchi nervosi periferici del pudendo. Sofferenza compressiva si è detto, perchè Innanzi tutto vi è stato un intervallo di tempo tra il trauma meccanico e l’insorgenza della nevralgia come sintomo. Il che significa che, qualunque sia stato il tratto (intra spinale – radice-, o extra spinale -nervo spinale, plesso, tronco nervoso periferico) della via nervosa lesa, c’è voluto un pò di tempo per causarne i sintomi. Ovvero, cè voluto, non un impatto tale da dare all’istante una contusione con i sintomi relativi, ma uno di intensità minore, che però poi si sia potuto mantenere nel tempo come comressione. E’ insomma questa sua situazione una compressione o una trazione (ovvero un “intrappolamento”) che ha richiesto un certo tempo per divenire sintomatica. Le radiografie o meglio ancora una RMN potranno chiarire ed escludere di volta in volta se la lesione sia stata a carico delle radici (tratto intraspinale della via nervosa S5), del nervo spinale, o del plesso. Per il tronco nervoso periferico (tratto extraspinale della medesima via nervosa S5), il discorso è più complesso perché solo una neuro RMN (che si fa in pochissimi posti, con una esperienza limitata da parte dei più dei neuroradiologi) potrebbe attribuire con certezza la lesione a uno dei tratti del tronco periferico. Immagino a questo punto che non si siano viste grossolane alterazioni (ematomi o cicatrici) delle RMN della colonna o della pelvi. Allora il problema, più facilmente dovrebbe essere a carico del pudendo come tronco nervoso periferico, e localizzarsi lungo tutto o in un tratto solo, del suo percorso. Che è, di per sé, abbastanza complesso. Perché il pudendo come tronco nervoso esce dalla grande pelvi attraverso il grande forame ischiatico e poi ritorna nella piccola pelvi attraverso il piccolo forame ischiatico. Dallo sfondato ischiorettale, dove arriva, a ridosso della tuberosità ischiatica, si dirige poi con più rami, verso gli organi bersaglio, il retto, il piano perineale et c, gli organi genitali, attraverso le sue terminazioni, con le fibre terminali che passano superiormente e inferiormente all’osso pubico per innervare quei genitali..E’ però in questo tratto periferico della via nervosa,(il tronco periferico propriamente detto), più che non negli altri tratti visti sopra, radici et c,, che può verificarsi più tipicamente quella condizione irritativa di intrappolamento. Una condizione che però è caratterizzata clinicamente da un elemento del tutto specifico: la “posizionalità” del dolore. In quanto questo c’è a paziente seduto, viene a mancare a paziente in decubito, può essere presente, o assente, a paziente in piedi. Se non c’è quel carattere posizionale del dolore non si tratta di nevralgia del pudendo. Inoltre devono esserci, sempre per tale diagnosi, dei punti (o tratti) dolorosi alla pressione, lungo quel suo decorso accidentato (tender points o tender areas sulla tuberosità ischiatrica mediale, sulla regione paracoccigea, all’esame obiettivo esterno. Sulla salienza del legamento sacrotuberoso -su uno o su ambedue- alla esplorazione interna -ovvero rettale-). Ovviamente se manca quella posizionalità, o se mancano i tender points (che non devono esserci obbligatoriamente tutti), non si può parlare di quel dolore (che Lei ha) come di “nevralgia del pudendo”. Allora, con la negatività di una RMN spinale, di una RMN TAC pelvica, dei referti di laboratorio (a escludere un fatto infiammatorio cronico dell’uno o dell’altro organo della regione) e con la negatività dei segni clinici di cui sopra, il dolore non può essere considerato nevralgico ma probabilmente miofasciale, a partenza dalla botta sulla regione coccigea che è la regione anatomica di riferimento del muscolo otturatore interno, che perciò, con il trauma è andato in spasmo e che solo ora le riferisce il dolore in quelle regioni..

    Stabilito così, da parte sua, se il dolore è, o no, una nevralgia del pudendo, ma solo dopo che Lei arriva a questa autodefinizione diagnostica, confrontandosi con i paletti che Le ho posto, della posizionalità, dei tender points, della negatività degli esami di immagine, e dei valori di infiammazione, ne dovrebbe conseguire la terapia….Quindi non mi chieda suggerimenti in merito prima di non essere sicura della diagnosi.

    Personalmente credo che la vera nevraligia del pudendo insorga in un soggetto anatomicamente predisposto (è la diatesi) con la patogenesi offerta da una determinata postura cronica, a sua volta quest’ultima attivata sì da un trauma (specie al coccige) ma sopratutto mantenuta in perpetuo (già da tempo), da una sofferenza dei nervi plantari (delle piante dei piedi), quindi con un carico anomalo per essere prevalente sul tallone (consumo del tacco e al suo esterno.