DOMANDA
Buonasera Dottore,
Io sono una persona epilettica.. Da quasi 3 anni ne soffro però con l’uso dei farmaci per fortuna da circa 2 anni non ho più crisi convulsive ma solo micro crisi di tipo soggettive.
Lavoro in un negozio di abbigliamento a circa 10 km da casa, sono appena stata trasferita in un altro negozio a 35 km da casa ed ho richiesto la visita del medico del lavoro aziendale il quale dopo aver visionato tutti i referti presentati ha stabilito che io debba svolgere un’attività lavorativa che non mi sottoponga ad eccessivi e ripetuti stress.
Il mio datore di lavoro per rispettare quanto prescritto mi fa sempre lavorare con una collega, però ritiene che la trasferta da una città ad un’altra non sia fonte di stress e quindi mi ha costretta al trasferimento.
Ci sono i presupposti per rifiutare il trasferimento?
Io credo che fare 70 km al giorno anziché 20 km e guidare in totale più di 1 ora e mezza sia fonte di stress.. Lei cosa ne pensa?
Grazie
RISPOSTA
Lo stress è quanto di più soggettivo esista. Una stessa cosa può essere stressante per Tizio, indifferente per Caio e addirittura benefica per Sempronio. In altre parole, lei può correttamente affermare che la cosa che le è richiesta è eccessivamente faticosa, in relazione alle sue capacità e risorse, mentre per un altro collega può non esserlo affatto. Sulla sua valutazione nessuno può eccepire.
Da questo principio, a quello di tutelare il suo diritto di continuare a lavorare nel posto più vicino, il passo è incolmabile. Non c’è nessun obbligo per il datore di lavoro a venire incontro alla sua richiesta. Il medico competente non ha nessuna voce in capitolo, perché il trasferimento casa-lavoro non è uno dei rischi per i quali è istituita la sorveglianza sanitaria (anche se tutti sappiamo che il pendolarismo è un rischio rilevante). Insomma, il suo problema può essere risolto colo con una negoziazione tra le parti.