DOMANDA
Gentile dottore, siamo una coppia di 38 anni, insieme da 3 anni. A me è stata diagnosticata, tramite test di Stamey, una prostatite da ureaplasma parvum da trattare con 2 cpr al giorno di levoxacin 500 per 6 giorni. Il settimo giorno 2 cpr di Azitrocin. E ripetere lo stesso ciclo per la settimana successiva. La stessa cura è stata data alla mia compagna, ma il suo ginecologo, dopo aver eseguito tampone vaginale che indicava una quantità minima di ureaplasma, che rientra nei “valori normali”, si è opposto alla cura, in quanto nella mia compagna non c’è proliferazione e non ritiene necessario intervenire, anche perché l’ureaplasma secondo lui ritorna naturalmente dopo 6-8 mesi. Inoltre ci ha fatto notare che nel mio test non sono indicate le quantità di ureaplasma, ma solo le diciture positivo-negativo. Ci troviamo in difficoltà, perchè non sappiamo quale strada prendere. Lei cosa ne pensa?
Grazie in anticipo per la sua cortese risposta.
RISPOSTA
buongiorno; in effetti alla luce dei – relativamente- recenti dati sul mantenimento della corretta popolazione batterica vaginale ( il “microbiota”), la terapia antibiotica a largo spettro andrebbe prescritta solo nel contesto di una particolare situazione clinica. Esempio: sterilità, bruciori resistenti a terapie, ecc. Se lei , oggettivamente, sta bene concordo con il collega ginecologo. E ‘ del tutto inutile trattare un ureaplasma ASINTOMATICO, dal momento che spessimo, poi recidiva e ritorna. Certo, se l’urologo la ritiene assolutamente necessaria per eviatare nell’immediato un ricontagio del patner maschile, ci può stare, ma obbligatorio poi ripopolare il microbiota vaginale con adeguata terapia pre- e pre- biotica.