agopuntura


    Aggiornato il 14 Dicembre 2015

    metodo terapeutico che, basandosi su alcuni principi filosofici e su particolari nozioni anatomofisiologiche, tende, mediante l’infissione transcutanea di aghi, a prevenire e a risolvere gli stati morbosi. L’agopuntura è nata in Cina e il testo principale che ne ha codificato per secoli le leggi sembra risalire al II-IV secolo a. C.; ancora oggi è ufficialmente riconosciuta e insegnata nella Repubblica Popolare Cinese. Secondo la dottrina fondamentale anche l’omeostasi, che condiziona la sopravvivenza del nostro organismo, è legata, come tutto l’universo, all’equilibrio alternativo delle due forze Yang e Yin, l’una cosmica e l’altra terrestre. Organi, visceri e funzioni riconosciute dall’anatomia e dalla fisiologia dell’antica Cina sono caratterizzati ognuno dal principio Yang e da quello Yin. Queste energie scorrono nel corpo lungo una serie di tragitti denominati Jing Luo (percorsi e vasi) e tradotti nel linguaggio occidentale meridiani. In corrispondenza di questi, in superficie vi sono determinati punti, che chi pratica l’agopuntura deve saper riconoscere. Esistono dodici meridiani per lato, ognuno legato a un’entità anatomofunzionale particolare, e due mediani, anteriore e posteriore, in relazione a importanti funzioni organiche e psichiche. Secondo alcuni, punti e meridiani non hanno alcuna corrispondenza con le nozioni anatomiche e fisiologiche della scienza occidentale. Secondo altri i meridiani sarebbero invece zone a più bassa resistenza elettrica, e i punti corrisponderebbero a zone in grado di scatenare un riflesso (i cosiddetti trigger points). L’agopuntura viene praticata classicamente con uno o più dei nove tipi di aghi di rame o acciaio, che la scienza cinese ha da secoli determinato nella foggia e nelle dimensioni; l’uso di aghi d’oro e di argento è un arricchimento occidentale su basi essenzialmente suggestive. L’ago prescelto viene infisso nei punti cutanei che la dottrina terapeutica indica come corrispondenti agli organi, visceri o funzioni che si debbono curare; le modalità di infissione (durata, rapidità, profondità, manipolazioni dello strumento, rapporti con la respirazione e con l’ora del giorno ecc.) ne determinano l’attività: questa può essere di rafforzamento o di depressione di una delle due energie fondamentali o di depressione di energie anomale, sempre allo scopo di ristabilire gli equilibri, la cui rottura provoca lo stato di malattia. A volte l’ago, una volta infisso, viene riscaldato con la brace di una pallina di foglie secche d’artemisia. Oltre all’infissione, l’agopuntura come dottrina terapeutica riconosce l’uso di pressioni digitali, di punture superficiali e di leggere cauterizzazioni, tutte manovre che vengono praticate sui meridiani seguendo sempre i principi teorici cui si è accennato. L’agopuntura, anche sperimentalmente, ha dimostrato di avere un ruolo rilevante nella induzione dell’analgesia; è addirittura stata impiegata come anestetico in caso di interventi chirurgici, nel corso dei quali il soggetto rimaneva sveglio e cosciente. Recenti studi sperimentali hanno dimostrato che lo stimolo doloroso cutaneo è in grado di indurre la liberazione di endorfine a livello cerebrale, fornendo così il presupposto per un meccanismo biochimico al successo terapeutico dell’agopuntura.