indagini chimiche o fisiche, eseguite su tessuti, su liquidi organici (sangue, urina, feci ecc.) o su prodotti patologici (pus), dirette a determinare alterazioni dei componenti normali, a individuare la presenza di sostanze abnormi o agenti patogeni nell’organismo, per fornire dati utili alla valutazione di funzioni organiche o alla diagnosi e alla terapia di condizioni morbose. L’importanza di un esame di laboratorio non va valutata come dato fine a sé stesso, ma come elemento informativo integrato nel complesso procedimento diagnostico, costituito dalla raccolta dell’anamnesi, dall’esame obiettivo e poi dalla ricerca mirata delle indagini necessarie a confermare il sospetto. L’informazione fornita dall’esame di laboratorio deve essere il più possibile sicura e la sicurezza dipende essenzialmente da tre fattori: la sensibilità, data dalla probabilità di un soggetto malato di essere positivo al test (una sensibilità del 100% consente di escludere la malattia in caso di risultato negativo); la specificità, data dalla probabilità che un soggetto sano sia negativo al test (una specificità del 100% consente di confermare la malattia in caso di risultato positivo, anche se non è possibile escluderla in caso di risultato negativo, poiché ciò dipende dalla sensibilità del test); l’efficacia, tanto maggiore quanto più alta è la probabilità di trovarsi di fronte a una data affezione in un certo contesto. Gli esami di laboratorio non sono pertanto genericamente e sempre utili, ma solo quando sono in grado di supportare la diagnosi di una determinata malattia in un determinato paziente. Da quanto detto risultano evidenti sia l’infondatezza di esami di laboratorio svolti in assenza di sintomi da indagare, sia la necessità che i risultati vengano letti e interpretati dal medico in quanto devono essere integrati con dati e situazioni variabili da paziente a paziente.