fenomeno per cui la somministrazione di due o più farmaci nello stesso soggetto provoca diminuzione o esaltazione degli effetti normalmente attesi. Questo problema è tanto più importante quanto sempre più diffuso è l’uso di prescrivere allo stesso paziente diversi farmaci contemporaneamente, con il vantaggio di poter curare a un tempo più affezioni morbose, di potenziare l’azione dei singoli farmaci, di ridurre i dosaggi, di attuare strategie terapeutiche più efficaci. Ma il fenomeno dell’interazione tra fàrmaci acquista particolare importanza nei casi in cui la prescrizione terapeutica sia effettuata da più medici, ciascuno per il proprio settore di competenza. Le interazioni possono avvenire a svariati livelli: per contatto diretto dei preparati (per esempio, in caso di somministrazione unica); per contatto dei farmaci con la sostanza veicolante (per esempio, per variazioni del pH della soluzione usata); nella fase dell’assorbimento, soprattutto nel tratto gastroenterico (alcuni antiacidi rendono impossibile l’assorbimento gastrico di taluni preparati: per esempio, il comune idrossido di alluminio ostacola l’assorbimento degli antibiotici, così come alcuni antibiotici alterano la flora batterica intestinale col risultato di modificarne il pH e le proprietà assorbenti); per tendenza competitiva di due o più farmaci a legarsi alla stessa proteina e allo stesso recettore; per interferenza con la normale attività metabolica, che può essere: a) esaltata (come avviene con gli antiepilettici che – essendo potenti induttori enzimatici – provocano una più rapida inattivazione di molti farmaci) oppure b) depressa (da parte di farmaci che sono inibitori enzimatici); per modificazioni dell’escrezione renale e altri meccanismi ancora. Si può ovviare alle conseguenze negative solo tenendo presente gli aspetti chimici, farmacocinetici e farmacodinamici dei preparati via via usati. È buona regola evitare di assumere farmaci di propria iniziativa (tanto più se in forma di “cocktail”) e attenersi alle prescrizioni del medico.