abbassamento della temperatura corporea al di sotto dei valori fisiologici (cioè sotto 36 °C): gli effetti negativi conseguenti a tale condizione iniziano a manifestarsi allorché la temperatura scende a 34 °C fino a compromettere le funzioni vitali per valori di temperatura attorno a 24 °C (ipotermìa profonda, o assideramento). A seconda delle modalità con le quali si instaura, l’ipotermìa può essere accidentale o controllata (indotta artificialmente).
Ipotermia accidentale
L’ipotermìa accidentale può comparire in seguito all’esposizione a temperature esterne estremamente rigide (come avviene per gli alpinisti, gli sciatori, gli esploratori, i naufraghi ecc.) per prolungati periodi di tempo, o allorché concorrono fattori endogeni che aumentano la suscettibilità del soggetto al freddo ambientale, diminuendo le capacità di difesa dell’organismo (per il trattamento d’emergenza vedi lesioni da freddo). Fenomeni d’ipotermìa accidentale sono frequentemente associati a condizioni morbose come il mixedema (ipotiroidismo), l’insufficienza ipofisaria, il morbo di Addison , l’ipoglicemia, le affezioni cerebrovascolari, l’infarto miocardico, l’intossicazione acuta da alcol o da farmaci. Una forma di ipotermìa moderata può colpire pazienti affetti da manifestazioni morbose acute quali lo scompenso cardiaco, l’uremia, il diabete, l’ipoglicemia, l’insufficienza respiratoria. Si tratta generalmente di pazienti anziani non esposti a condizioni ambientali esterne sfavorevoli: la causa dell’ipotermìa in questi casi deve essere ricercata in un’insufficienza acuta dei meccanismi termoregolatori, con incapacità da parte dell’organismo di conservare la propria temperatura. Il trattamento dell’ipotermìa prevede, oltre alle misure di sostegno delle funzioni vitali, il lento e graduale ripristino della normale temperatura corporea. Nelle forme di media gravità può essere sufficiente il riscaldamento esterno con coperte e bagni tiepidi. In caso di ipotermìa profonda il riscaldamento esterno si rivela poco efficace, in quanto tende a dilatare i vasi sanguigni periferici vasocostretti, sottraendo in tal modo sangue ai visceri interni; al contrario è necessario procedere riscaldando direttamente il sangue (mediante circolazione extracorporea o emodialisi), oppure mediante tecniche indirette (lavaggi peritoneali caldi, lavaggi gastrici ecc.), procedendo con gradualità, in modo da innalzare la temperatura del sangue di un grado centigrado ogni ora.
Ipotermia controllata
Si ha ipotermìa controllata (o ibernazione) quando si abbassa artificialmente la temperatura corporea allo scopo di rallentare i processi metabolici dell’organismo e ridurre in tal modo il consumo di ossigeno. Ciò consente di interrompere la circolazione sanguigna per periodi relativamente lunghi di tempo senza che si instaurino lesioni tessutali a causa del mancato flusso ematico e della conseguente ipossia. Questa tecnica trova particolare applicazione in neurochirurgia e in cardiochirurgia, quando per ragioni tecniche è necessario sospendere l’attività del cuore (operazioni a cuore aperto). L’ipotermìa profonda, attorno a 20 °C, consente di realizzare situazioni di completo arresto circolatorio per periodi di circa 30 minuti; quando si impiega la circolazione extracorporea, si ricorre solitamente a un’ipotermìa di media entità (28-32 °C) per garantire una miglior protezione soprattutto cerebrale. L’ipotermìa viene ottenuta mediante raffreddamento di superficie (con ghiaccio) e quindi facendo passare il sangue attraverso appositi circuiti dotati di scambiatori di calore; durante l’intervento l’ipotermìa viene mantenuta attraverso il circuito di by-pass e con l’impiego di materassini a circolazione d’acqua fredda. Al termine dell’intervento il riscaldamento viene realizzato attraverso lo stesso circuito extracorporeo opportunamente regolato.