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sigla di mineralometria ossea computerizzata, metodo che consente di misurare il contenuto minerale di alcune ossa o dello scheletro in toto. In pratica, consiste nella registrazione della quantità di fotoni, provenienti da una sorgente radioattiva puntata verso il distretto osseo da esaminare, che riescono ad attraversare l’osso e nella successiva analisi computerizzata che ne fornisce l’immagine grafica. Quanto maggiore è il numero di fotoni rilevati tanto minore è il contenuto minerale. I pregi di questo metodo sono la precisione, cioè la capacità dello strumento di riprodurre in misurazioni successive lo stesso tipo di risultato, e l’accuratezza, cioè la capacità dello strumento di non tenere conto, nella misurazione, del contenuto minerale non appartenente alle ossa ma derivante, per esempio, da calcificazione dei vasi, dei tessuti molli e di quelli periarticolari o di escludere dal risultato la componente di fotoni trattenuta dal tessuto adiposo. In realtà, tuttavia, il risultato può essere influenzato dalla presenza di processi osteosclerotici e osteoaddensanti in genere, che portano a una sovrastima della densità ossea analizzata. Per questo motivo, l’uso razionale della MOC non è rivolto allo screening dell’osteoporosi nella popolazione generale o a rischio, bensì al monitoraggio del metabolismo osseo peri- e post-menopausale, sia nelle donne che assumono terapia ormonale sostitutiva, sia in quelle che non l’assumono. Come tale, va ripetuto a distanza di tempo, sulla scorta dei dati clinici evidenziati e dei protocolli specialistici. La MOC presenta alcune varianti a seconda della sede di misurazione. Le più usate sono la MOC biossea di radio e ulna e la MOC vertebrale, considerata più adeguata per la valutazione del contenuto osseo non solo della corticale ma anche delle trabecole ossee. Altra sede comunemente sottoposta a misurazione è il collo del femore. La mineralometria a fotone singolo del radio è una indagine poco costosa, che comporta l’esposizione a basse dosi radianti, nel complesso abbastanza precisa ma che non riflette la densità ossea reale presente a livello delle vertebre o del femore, sedi più comuni delle fratture osteoporotiche. La mineralometria a doppio fotone, che non presenta le limitazioni della tecnica a singolo fotone, permette di misurare la densità ossea vertebrale e femorale; ha costo più elevato, ma fornisce dati più attendibili sulla reale esistenza di un rischio o di un danno osteoporotico.

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