trombolìtici


    Aggiornato il 14 Dicembre 2015

    farmaci in grado di scindere la fibrina, cioè di dissolvere i coaguli fibrinosi e di sciogliere i trombi e gli emboli che occludono un vaso sanguigno. Le sostanze che svolgono attività trombolitica sono l’urochinasi e la streptochinasi. I trombolìtici sono impiegati nella terapia dell’embolia polmonare, della trombosi profonda delle vene degli arti inferiori, delle occlusioni arteriose acute, dell’infarto miocardico acuto, nell’intento di ottenere la ricanalizzazione del vaso coronarico occluso dalla lesione trombotica. Questa terapia è in genere tanto più efficace quanto più tempestiva è la sua attuazione. L’impiego dei trombolìtici espone naturalmente il paziente al rischio di fenomeni emorragici, anche gravi, per cui il trattamento deve essere eseguito in strutture ospedaliere idonee e solamente nei casi privi di controindicazioni specifiche (recenti interventi chirurgici demolitivi, episodi di emorragia cerebrale, ipertensione grave, presenza di processi espansivi endocranici ecc.). L’attivazione del sistema fibrinolitico (indotto dalla somministrazione di questi agenti) determina alterazioni della funzione emostatica più marcate di quelle conseguenti alla somministrazione di farmaci anticoagulanti. Con le tecniche dell’ingegneria genetica recentemente è stato possibile produrre una sostanza, detta Plasminogen Tissue Activator (PTA, o attivatore tessutale del plasminogeno), in grado di attivare solamente il plasminogeno inglobato nelle formazioni trombotiche, con una trascurabile interferenza con il sistema emostatico generale.