DOMANDA
Salve Dott. Squitieri
Cerco brevemente di raccontarLe la mia situazione:
Sono marito e padre di 4 figli con età compresa dagli 11 anni ai 7 mesi, mia moglie ha 38 anni ed è la più grande di 2 sorelle 37 e 36 ed un fratello di 30 anni.
Abbiamo da poco saputo che mia suocera, 65 anni è risultata positiva al test Huntington (in Ungheria poiché è li che è nata e vive), donna che è andata in pensione da docente universitaria qualche anno fa.
Stando all’anamnesi fatta dai familiari, mia suocera ha cominciato ad avere problemi simil depressivi prima dei 50 anni e soltanto quelli ed è stata curata per depressione.
Negli ultimi anni si riscontrava sempre in modo progressivo una difficoltà a camminare e questo è stato il motivo che ha spinto il medico in ospedale a fare il test.
Premetto che lei è una di 9 figli, oggi 6 viventi e chi presentava problemi simili era il padre, ma che è morto per ictus a 80 anni e sembrerebbe perfettamente lucido, solo con qualche difficoltà nella deambulazione. Il medico in ospedale ha voluto far fare il test anche alla sorella maggiore , 75 anni, che presenta forme depressive maniacali nell’aiutare chiunque ed anche lei è risultata positiva.
Nessun altro in famiglia sembra avere oggi riscontri clinici che possano far pensare ad Huntington.
Dei quattro figli di mia suocera ad oggi è tutto perfettamente nella norma.
Anche il dottore che ha analizzato il caso si è espresso dicendo che è una forma lieve di Huntington.
Per il poco che ho letto sembra che non ci sia una ereditarietà nella forma di Huntington, ma le caratteristiche possono assumere forme e presentarsi ad età differenti anche nello stesso nucleo familiare ( è cosi?).
Le dico questo, perché sarebbe di grande consolazione pensare che e se qualcuno dei figli, moglie compresa, dovesse avere la malattia presenterebbe le stesse caratteristiche che oggi stanno presentando le due sorelle compreso il loro defunto padre.
La domanda principale che vorrei farLe è relativa alla conoscenza oggi della eventuale positività al test su mia moglie al fine di poter intervenire con delle terapie che potrebbero migliorare la sua qualità della vita rispetto ad un inizio al momento delle presentazioni cliniche.
Le chiedo questo, perché se non c’è nessuna differenza, mia moglie preferisce non fare il test e continuare la sua vita come se non avesse ( fino al momento che e SE..) nulla anziché immaginare di dovere realizzare una positività ed entrare in forme depressive dettate dalla consapevolezza e non dalla malattia.
Vorrei scrivere e chiedere molto di più, ma mi rendo conto che non è possibile.
La ringrazio molto per la Sua disponibilità.
Saluti
RISPOSTA
salve,
Devo purtroppo correggere molte delle informazioni in suo possesso. La malattia di huntington è ereditaria sempre, dominante perché basta un genitore portatore della mutazione a trasmetterla, ed ogni figlio ha 50% di rischio di ereditare la mutazione e di ammalarsi. Pertanto sua moglie e’ a rischio. Se non avesse ereditato il gene mutato, i suoi figli non correrebbero alcun rischio. Solo il test genetico può dirle questo. La malattia è progressivamente invalidante con un’evoluzione non prevedibile. Non possiamo prevenire la malattia ancora, pur scoprendolo in anticipo. È essenziale che informazioni corrette vengano riferite affinché si valuti quello che, sul piano delle cure sintomatiche possibile, si possa fare nel caso di manifestazioni dubbie, soprattutto se di tipo psichiatrico. Spero di aver risposto ai suoi dubbi. La ricerca fa grossi passi avanti e speriamo presto di dare risposte più incoraggianti
Saluti,
Ferdinando Squitieri