Sindrome di Crigler-Najiar

    DOMANDA

    Caro Dott. Di Trapani, torno a scriverle per avere informazioni su una sindrome (che solo a leggere mi fa paura), di cui è affetto una bambino fatto pervenire dalla nostra associazione umanitaria di volontariato dal Perù. Si tratta della Sindrome di Crigler-Najiar. Il bambino di 6 mesi, da ieri è ricoverato presso l’ospedale Bambin Gesù di Roma. Le chiedo di cosa si tratta questa sindrome? Quale futuro può avere il bambino? Ringranziandola anticipatamente, le porgo cordiali saluti.

    RISPOSTA

    Gentile lettore, mi chiede di aggiornarla su una sindrome tanto rara quanto complessa, vedrò di semplificarle al massimo la lettura.
    La sindrome di Crigler-Najjar tipo I, è una malattia ereditaria causata dal deficit di un enzima del fegato (uridindifosfoglicuroniltransferasi o UGT1A1), coinvolto nel processo di escrezione della bilirubina. L’eccesso di bilirubina non coniugata nel sangue causa ittero non emolitico (iperbilirubinemia). In assenza di alcun tipo di trattamento questa condizione può portare a kernicterus e a gravissimi danni neurologici che possono essere permanenti. La sindrome di Crigler-Najjar è definita come una malattia genetica autosomica recessiva. Questo essenzialmente significa che in un paziente Crigler-Najjar entrambe le copie del gene per la UGT1A1, sia quella di origine materna che quella di origine paterna, sono mutate. Ogni proteina del nostro corpo viene infatti prodotta seguendo le istruzioni codificate all’interno di una corrispondente regione di DNA chiamata gene. Ciascun gene è presente in duplice copia ed è localizzato in una coppia di cromosomi, uno di origine materna ed uno di origine paterna. Una alterazione della sequenza del DNA in un gene viene chiamata mutazione e può dar luogo ad una modificazione delle istruzioni per produrre la relativa proteina funzionale. I genitori di un paziente Crigler-Najjar presentano una copia del gene mutata ma non manifestano sintomi clinici perché la presenza della copia funzionale è sufficiente per produrre abbastanza proteina; di conseguenza i livelli ematici di bilirubina non sono significativamente alterati. Questa condizione è generalmente definita come ‘carrier’ (portatore) o eterozigosi per una particolare mutazione. La probabilità che due carriers di una mutazione nel gene per la B-UDPGT procreino un figlio/a affetto da sindrome di Crigler-Najjar è del 25%. Se la mutazione nel gene della B-UDPGT non è tale da compromettere completamente la funzionalità dell’enzima si parla di sindrome di Crigler-Najjar di tipo II, nota anche come sindrome di Arias. Nei pazienti affetti da Crigler-Najjar di tipo II è possibile quindi osservare una attività residua di UGT1A1, del tutto assente in pazienti di tipo I; questo comporta che nei pazienti affetti da sindrome di Crigler-Najjar di tipo II i livelli ematici di bilirubina non coniugata sono più bassi di quelli di tipo I, con rischio di sviluppare danni neurologici sensibilmente minore. Il trattamento farmacologico con fenobarbitale è in grado di indurre l’attività residua di UGT1A1 presente nei pazienti affetti da Crigler-Najjar di tipo II, con conseguente sensibile riduzione dell’iperbilirubinemia, mentre non ha effetto in pazienti di tipo I. L’approccio terapeutico si basa sulla Fototerapia, che è la forma terapeutica di eccellenza per la sindrome di Crigler-Najjar. Si basa sul fatto che, se irradiata con una luce di una determinata lunghezza d’onda, la molecola di bilirubina può andare incontro a modificazioni chimiche trasformandosi in forme (isomeri configurazionali) che possono venir escreti nella bile senza necessità di coniugazione. Per mantenere i livelli di bilirubina non coniugata sotto la soglia dei 20/25 mg/dL i pazienti Crigler-Najjar devono quotidianamente sottoporsi a sedute di fototerapia della durata di 12-16 ore. Questa terapia tende a essere meno efficace con l’aumento dell’età del paziente a causa del progressivo ridursi del rapporto tra la superficie corporea esposta alla luce e la massa corporea. Altri fattori che ne diminuiscono l’efficacia sono l’ispessimento della pelle e l’aumento della pigmentazione. Al momento il trapianto di fegato rappresenta l’unica terapia risolutiva per pazienti Crigler-Najjar di tipo I. Tuttavia non bisogna dimenticare che oltre ai rischi connessi alla procedura chirurgica si aggiungono altri problemi quali la continua terapia immunosuppressiva che i pazienti devono seguire dopo il trapianto. Inoltre, nonostante lo sviluppo di nuove tecniche di trapianto e la sensibilizzazione in tema di donazione d’organi, il reperimento di un organo compatibile continua ad essere problematico. Il trapianto di epatociti è ancora in fase sperimentale, è stata recentemente ultilizzata in un numero limitato di pazienti affetti da sindrome Crigler-Najjar di tipo I, comportando un significativo livello di attivita’ UGT1A1 con riduzione della durata giornaliera delle sedute di fototerapia. Il limite attuale di tale approccio terapeutico è rappresentato dalla limitata durata dell’efficacia del trattamento, dovuta al progressivo invecchiamento delle cellule trapiantate. La plasmaferesi viene soprattutto utilizzata per ridurre i livelli di iperbilirubinemia in fase acuta. Si basa sul fatto che la bilirubina nel sangue è associata con l’albumina plasmatica. Quindi la rimozione di albumina comporta anche la rimozione di bilirubina non coniugata. Al paziente viene estratto il sangue intero da una vena dell’avambraccio: il sangue viene immesso in un circuito sterile e mediante un processo di centrifugazione e filtrazione lo si fraziona, consentendo la raccolta del plasma, contenente l’albumina e la bilirubina ad essa associata. Le componenti cellulari del sangue vengono quindi ritrasfuse al paziente. Altri trattamenti come la Sn-mesoporfirina, la riduzione della circolazione entero-epatica o la terapia genica, sono interventi che ho non hanno efficacia, o hanno efficacia limitata, o la loro efficacia deve essere ancora dimostrata (come avviene per la terapia genica). Ripeto, al momento il trapianto di fegato rappresenta l’unica terapia risolutiva.

    Giuseppe Di Trapani

    Giuseppe Di Trapani

    TRAPIANTI DI RENE E FEGATO. Nato a Palermo nel 1971, si è laureato in medicina nell’ateneo siciliano ed è specializzato in chirurgia dell’apparato digerente e in chirurgia del trapianto di organi addominali. È dirigente medico di primo livello presso l’unità operativa complessa di pronto soccorso dell’ospedale di San Donà di Piave (Venezia) ed effettua trapianti […]
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