DOMANDA
Dott. Di Trapani, le scrivo per mio nipote di 9 anni che è affetto da fibrosi cistica. Gli ultimi esami hanno evidenziato un miglioramento nelle prove di funzionalità respiratoria, ma hanno messo in evidenza un lieve peggioramento della funzionalità epatica. Secondo lei si può arrivare al trapianto di fegato? ed in cosa consiste?
Cordiali saluti.
RISPOSTA
I pazienti con fibrosi cistica (FC) possono essere candidati al trapianto polmonare e/o epatico. Infatti la cirrosi biliare, complicanza terminale della compromissione epatica della FC, è presente nel 1.4-8.7% dei pazienti, con maggior incidenza nei pazienti adolescenti. In questi pazienti la valutazione per trapianto epatico viene richiesta sempre più spesso.Per il trapianto epatico i parametri da considerare per lo staging comprendono i valori di funzionalità epatica che evidenziano deficit di sintesi (albuminemia <3 g/dl, PT-INR >1.5), colestasi importante (bilirubina diretta >5 mg/dl e/o calcificazioni intraepatiche), ipersplenismo severo (leucociti <2000/mm3, piastrine <50000/mm3), la presenza di ascite resistente alla terapia diuretica e la presenza di varici esofagee a rischio di sanguinamento.La valutazione preliminare all'eventuale iscrizione in lista spetta al Centro Trapianti; una volta iscritti in lista i pazienti vengono monitorati secondo un follow-up diversificato in base al grado di gravità della malattia ogni 2-4 mesi presso il Centro Trapianti dove sono iscritti. Per quanto riguarda il trapianto epatico esistono anche qui due opzioni: il trapianto di fegato intero, che viene a sostituire il fegato malato, oppure lo split liver, in cui il fegato del donatore viene suddiviso in due parti (lobo destro e lobo sinistro) di cui il ricevente ne riceve la più adatta alla sua taglia corporea. Il fegato ha infatti la capacità di svilupparsi: il lobo sinistro, il più piccolo, è pertanto in grado di raggiungere le dimensioni dell'organo intero. Quest'ultima tecnica di split liver in situ, grazie alla quale la lista di attesa si è drasticamente ridotta, è la più frequentemente utilizzata nei pazienti in età pediatrica. Il follow-up dei pazienti candidati al trapianto prevede la valutazione dei parametri biochimici, della funzionalità respiratoria, del tipo di infezione batterica, della eventuale presenza di poliposi nasale, della sierologia che può controindicare il trapianto (infezioni virali acute). Nei pazienti candidati al trapianto epatico viene inoltre valutato l'ipersplenismo e le sue complicanze. Tutti i pazienti candidati al trapianto devono inoltre essere sottoposti a vaccinazione contro i principali patogeni che possono condizionare gravi complicanze nella fase di immunosoppressione post-trapianto (difterite, tetano, pertosse, poliomielite, morbillo, rosolia, parotite, varicella, Haemophilus B, meningococco, pneumococco, HBV, HAV, BCG). Dopo il trapianto viene iniziata una terapia immunosoppressiva antirigetto, in genere con uno schema a due farmaci; nel trapianto epatico (ciclosporina o tacrolimus e cortisone) e a tre farmaci nel trapianto polmonare (ciclosporina o tacrolimus, cortisone e azatioprina). Tale terapia antirigetto deve essere proseguita per tutta la vita, in aggiunta alla terapia di base della malattia (enzimi pancreatici, vitamine ecc.). Il follow-up dei pazienti con fibrosi cistica dopo il trapianto richiede un grosso impegno, perché il trapianto non corregge la malattia e le manifestazioni della fibrosi cistica continuano ad evolvere. E' necessario dopo il trapianto un continuo monitoraggio delle condizioni generali del paziente che prevede la valutazione delle prove di funzionalità respiratoria ed esami ematochimici che permettano sia di monitorare il livello ematico dei farmaci immunosoppressivi nel sangue, sia di evidenziare eventuali complicanze legate alla terapia (anemia, leucopenia, alterazioni della funzionalità epatica e renale). La diagnosi precoce di rigetto acuto consente di iniziare una terapia con alte dosi di cortisone endovena allo scopo di bloccare la reazione immunitaria. Inoltre è molto aumentato il rischiodi infezioni da virus (citomegalovirus, virus erpetici ecc.) o germi opportunisti che vanno monitorati e trattati con tempestività. Dopo il trapianto di fegato, nella maggior parte dei pazienti con fibrosi cistica, la funzionalità respiratoria tende a migliorare, presumibilmente grazie alla scomparsa dell'ascite e al miglioramento delle condizioni nutrizionali che hanno un'influenza positiva sulla ventilazione. Inoltre diminuisce l’incidenza delle riacutizzazioni respiratorie che richiedono antibioticoterapia endovenosa. Un problema che può verificarsi nell’immediato post-trapianto è la difficoltà di gestione della terapia immunosoppressiva e delle sue complicanze; questo è dovuto al malassorbimento intestinale, che può ridurre la biodisponibilità dei farmaci (particolarmente della ciclosporina) e condizionare un eventuale rigetto acuto, alla ciclosporina stessa, che può aumentare l’incidenza di poliposi nasale, ipertensione arteriosa e nefropatia, ed alla terapia steroidea, che può portare allo sviluppo di diabete mellito insulino-dipendente. Nonostante la terapia steroidea, dopo il trapianto i pazienti mostrano un aumento di altezza, e un incremento della massa ossea, che nei 2/3 dei pazienti con FC (particolarmente in quelli con epatopatia)è al di sotto dei livelli normali. I pazienti trapiantati in età pediatrica sono a maggior rischio di sviluppare una sindrome linfoproliferativa (PTLD), spesso EBV-correlata; si tratta di una proliferazione più o meno maligna di linfociti, favorita dall’immunosoppressione a lungo termine, spesso stimolata da una prima infezione del virus di Epstein Barr, che indurrebbe i linfociti a proliferare in modo incontrollato. Tale sindrome può essere di grado lieve, controllabile con la sola riduzione della terapia immunosoppressiva, o più raramente può assumere le caratteristiche di un vero e proprio linfoma che può richiedere una chemioterapia antitumorale. Per questo è importante monitorare costantemente la presenza di EBV-DNA circolante o la presenza di linfoadenomegalie sospette, al fine di poter intervenire tempestivamente nel prevenire e trattare tale complicanza.La prognosi dei trapiantati di fegato dopoil primo anno è buona; infatti i dati presenti nel Registro Italiano per la fibrosi cistica, pur essendo ancora scarsi, depongono per una sopravvivenza del 60% a 3 anni, con follow-up che raggiunge i 10 anni nel paziente seguito da più lungo tempo. Questi dati, relativi al 1999, comprendono i pazienti trapiantati più di 10 anni fa; da allora le conoscenze scientifiche e l’esperienza hanno portato ad un notevole miglioramento della prognosi e della sopravvivenza. Riguardo alla prognosi dei trapiantati di polmone la letteratura riporta una sopravvivenza del 70-80% a 1 anno e 70% a 3 anni. La qualità di vita riferita dai pazienti è molto buona con un’ottima tolleranza allo sforzo.